martedì 27/12/2022 • 06:00
L’eccezionalità dell’istanza di rimborso IVA comporta che si possa utilizzare quando il rimedio generale delle note di variazione in diminuzione non possa essere impiegato a causa di condizioni oggettive (Risp. AE 16 dicembre 2022 n. 592).
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L'Agenzia delle Entrate ha ribadito, seguendo precedenti di prassi (Risp. AE 2 novembre 2021 n. 762), la differenza tra la possibilità di emettere le note di variazione ex art. 26 DPR 633/72 e la presentazione dell'istanza di restituzione dell'IVA non dovuta.
Le note di variazione costituiscono infatti la via principale, generale ed ordinaria da adottare mentre la soluzione dell'istanza ex art. 30 ter DPR 633/72 dev'essere esperita solo nel caso in cui ci si trovi nell'impossibilità oggettiva di emettere tempestivamente le note, ossia per motivi non imputabili al contribuente stesso. Cosicché la domanda di restituzione potrà essere presentata in via residuale, qualora sia preclusa l'emissione delle note di variazione in diminuzione, per ottenere il rimborso dell'IVA.
E' bene poi sottolineare come, affinché sia rispettata la neutralità dell'IVA ed il rimborso non integri la fattispecie di arricchimento senza causa in capo al prestatore, sarà necessario che il contribuente dia prova all'Amministrazione finanziaria, durante la fase istruttoria che segue l'istanza stessa, di aver eseguito il rimborso dell'IVA erroneamente addebitata in rivalsa al committente e che il rimborso stesso non cagioni un danno erariale, qualora il committente, avendone diritto, abbia detratto l'IVA addebitata.
Note di variazione IVA: rimedio ordinario?
L'art. 26 DPR 633/72 trova il suo fondamento nell'art. 90 Dir. 2006/112/CE secondo cui: “in caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo dopo il momento in cui si effettua l'operazione, la base imponibile è debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri”. Regola che può essere derogata dagli Stati membri “in caso di non pagamento totale o parziale” (art. 90, par. 2).
Si può così affermare che la riduzione dell'originaria base imponibile e conseguentemente dell'imposta, prevista dalla normativa europea, è espressione del principio fondamentale del sistema IVA, secondo cui la base imponibile è costituita dal corrispettivo realmente ricevuto, ed il cui corollario consiste nel fatto che l'Erario non possa riscuotere a titolo di IVA un importo superiore a quello percepito dal soggetto passivo (C.Giust. UE 26 gennaio 2012 C-588/10, Kraft Foods Polska SA e più recentemente C.Giust. UE 6 ottobre 2021 C-717/19, Boehringer; C.Giust. UE 6 dicembre 2018 C-672/17, Tratave; C.Giust. UE 15 maggio 2014 C-337/13, Almos).
Mentre l'art. 26 DPR 633/72 disciplina sia la riduzione dell'imponibile che dell'imposta, l'art. 90 Dir. 2006/112/CE menziona la sola riduzione dell'imponibile. La riduzione della sola imposta dev'essere così ricercata, nell'ambito del sistema delle detrazioni, all'interno dell'art. 185 Dir. 2006/112/CE.
Ora tralasciando la disciplina delle variazioni in aumento, contemplata dal c. 1 dell'art. 26 DPR 633/72 – ossia nei casi in cui, dopo l'emissione della fattura o della sua annotazione, si verifichi un evento che comporti l'aumento dell'imponibile ed anche quello dell'imposta o della sola imposta relativa all'operazione, il contribuente sarà obbligato all'emissione di una di variazione in aumento o nota di debito (cd. “fattura integrativa”) e successivamente dovrà annotarla nel registro delle vendite – occorre soffermarsi sulle note di variazione in diminuzione previste dal c. 2 e ss.
Vero è che il sistema sopra delineato, relativo alle note di variazione in diminuzione ex art. 26 DPR 633/72, è inapplicabile dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo tra le parti e potrà essere applicata, entro lo stesso termine, anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione dell'art. 21 c. 7.
Emerge pertanto che le note di variazione in diminuzione presuppongano, in genere, la restituzione al cessionario/committente del corrispettivo erroneamente percepito in misura superiore.
Va però rammentato come le variazioni in diminuzione siano un istituto ordinario generale che dev'essere applicato in via primaria. Fermo restando, il rispetto del limite temporale.
… cosa accade se i termini sono decorsi?
Qualora siano spirati i termini di cui all'art. 26 c. 3 DPR 633/72, si potrà ricorrere al rimedio del rimborso?
L'Agenzia delle Entrate, con la Circ. AE 29 dicembre 2021 n. 20/E, ha chiarito come il superamento del limite temporale, previsto dal legislatore per l'esercizio del diritto alla detrazione, non implica, in via meramente generale, che il recupero dell'imposta non detratta possa avvenire, alternativamente, presentando una dichiarazione integrativa (in una fase successiva) a favore di cui all'art. 8 c. 6-bis DPR 322/98, contenente la riduzione non operata dell'imposta oppure un'istanza di rimborso ai sensi dell'art. 30-ter DPR 633/72.
Tale istituto (30-ter), trattandosi di norma residuale ed eccezionale, trova applicazione qualora sussistano condizioni oggettive che non consentano di esperire il rimedio di ordine generale, quale l'emissione di una nota di variazione in diminuzione.
Addirittura, secondo un'interpretazione assai restrittiva dell'Ufficio, tale rimedio non potrà utilizzarsi per ovviare alla scadenza del termine decadenziale per l'esercizio del diritto alla detrazione qualora tale termine sia decorso per “colpevole” inerzia del soggetto passivo (Risp. AE 5 ottobre 2021 n. 663).
Addirittura, la possibilità di ricorrere al rimborso andrà riconosciuta laddove il contribuente, per motivi a lui non imputabili, non sia legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione (Risp. AE 13 giugno 2019 n. 190, Risp. AE 15 dicembre 2020 n. 592 e Risp. AE 15 dicembre 2020 n. 593).
Nel dettaglio, l'art. 30-ter ripropone ai fini IVA quanto già previsto dall'art. 21 c. 2 D.Lgs. 546/92, prevedendo che il soggetto passivo presenti la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data di versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
In caso di applicazione di un'imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria, l'istanza di restituzione potrà essere presentata dal cedente o dal prestatore entro il termine di due anni dall'avvenuta restituzione al cessionario o committente dell'importo pagato a titolo di rivalsa.
In ogni caso, la restituzione sarà esclusa in caso di versamento avvenuto in un contesto di frode fiscale.
Risp. AE 2 novembre 2021 n. 762
Con la Risp. AE 2 novembre 2021 762, l‘Agenzia delle Entrate ha calibrato la differenza tra la possibilità di emettere le note di variazione ex art. 26 DPR 633/72 e la presentazione dell'istanza di restituzione dell'IVA non dovuta.
A parere del Fisco (in linea con precedenti di prassi), le note di variazione costituiscono la via principale, generale ed ordinaria da adottare mentre la soluzione dell'istanza ex art. 30 ter DPR 633/72 dev'essere esperita solo nel caso in cui ci si trovi nell'impossibilità oggettiva di emettere tempestivamente le note, ossia per motivi non imputabili al contribuente stesso. Cosicché la domanda di restituzione potrà essere presentata in via residuale, qualora sia preclusa l'emissione delle note di variazione in diminuzione, per ottenere il rimborso dell'IVA.
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Alessandro Albano
- Avvocato, Studio Gnudi A.P. - Professore a contratto in Diritto tributario, Università degli Studi di BolognaRimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
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