mercoledì 21/12/2022 • 06:00
Dal 1° gennaio 2025 dovrebbe prendere avvio il sistema “definitivo” dell’IVA per gli scambi di beni tra imprese, cioè per le cessioni intracomunitarie, che dovremmo ora chiamare intraunionali.
Le nuove regole sono relativamente semplici: verrà meno la doppia operazione, una cessione intraUE non imponibile, cui corrisponde un'altra operazione in reverse charge per assolvere l'imposta del Paese di destinazione della merce. Le nuove regole puntano ad una sola operazione, fatturata dal venditore in regime di imponibilità con l'IVA del Paese di destinazione. Fatturazione elettronica in Europa Per chiarire con due esempi: il fornitore belga che vende merce spedita in Italia dovrà emettere una fattura imponibile con l'imposta italiana, il fornitore italiano che spedisce in Francia emetterà una fattura con la TVA. Chi riceve la fattura la porta in detrazione, e occorre garantirsi che il tributo sia stato corrisposto o comunque liquidato a debito. Abbiamo già un esempio in un contesto molto più limitato, per le fatture con IVA che arrivano dai fornitori di S. Marino. L'art. 7 c. 4 DM 21 giugno 2021 dispone che la detrazione è consentita solo dopo aver controllato che l'imposta è stata versata. La proposta di nuova direttiva – documento COM 8 dicembre 2022 n. 701 – che integra la Dir. 2006/112/CE – è accompagnata da altri due documenti, con i numeri 703 e 704 che aggiornano il Reg. UE 282/2011 e quello relativo ai controlli e allo scambio di informazioni tra le amministrazioni finanziarie (904/2010). Al momento sono disponibili solo nel testo inglese, che ormai è quello che esprime al meglio la volontà normativa dell'Unione. Una “vittima” del nuovo ordinamento sarà il regime di call-off stock, in quanto i trasferimenti di beni nell'esercizio d'impresa (deemed supplies, cioè cessioni equivalenti) avranno uno specifico regime, che concentra gli adempimenti sulla partita IVA della sede, senza necessità di identificarsi in ciascuno dei Paesi di destinazione. Di fatto anche il rifornimento di un deposito all'estero non sarà soggetto all'IVA del luogo dove si trova la merce. Un altro elemento qualificante della nuova direttiva sarà la generalizzazione dell'obbligo di fatturazione elettronica. Eventuali deroghe devono essere autorizzate dai singoli Stati (pensiamo al nostro divieto per le fatture sanitarie che identificano il paziente). I termini saranno più stringenti: due giorni dall'esigibilità del tributo, con la conseguente eliminazione delle fatture riepilogative mensili. Questo termine comporterà anche la sostituzione degli Intrastat periodici con un sistema continuo di reporting, transazione per transazione. Alcuni elementi che da noi sono facoltativi nella fatturazione elettronica, come l'IBAN sul quale eseguire l'accredito, diventeranno obbligatori. Questa indicazione viene motivata dalla necessità di contrastare le frodi, come quelle del venditore scomparso, in cui le parti non pagano la fornitura ma soltanto l'IVA. La decorrenza viene diluita nel tempo (il recepimento nella legge nazionale deve avvenire entro il 31 dicembre dell'anno precedente): 1° gennaio 2024 – modifiche minori, relative al momento di esigibilità delle operazioni e alla soppressione del call-off stock; 1° gennaio 2025 – dovranno essere adottate tutte le misure amministrative per la creazione di una banca dati delle operazioni interne e intraUE. La direttiva che prevederà di fatturare con l'imposta del Paese di destinazione deve ancora essere adottata; 1° gennaio 2026 – soppressione dei registri e delle comunicazioni Intrastat per i beni all'estero in regime di call off stock; 1° gennaio 2028 – soppressione delle fatture riepilogative, riferimento ai nuovi adempimenti sostitutivi dei modelli Intrastat con l'inserimento dei dati di ogni transazione. Come tutti le proposte di direttiva inizia solo ora l'iter legislativo, prima in Europa, che richiede non pochi passaggi tra le istituzioni europee, poi nei singoli Stati, così che la prima data di entrata in vigore sembra un po' ottimista. Un aspetto singolare: nelle premesse della nuova direttiva si parla del VAT gap, cioè dell'imposta che manca all'appello. La fatturazione elettronica viene presentata come uno strumento efficace. Peccato che il nostro Paese, all'avanguardia nella fatturazione elettronica, sia ancora il capolista in valore assoluto del VAT gap europeo (€ 30 miliardi), mentre in percentuale è superato da altri quattro Stati, con in testa la Romania.
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