lunedì 05/12/2022 • 11:40
In tema di decadenza dei termini di recupero di un credito d’imposta accertato dall’Agenzia delle Entrate nel termine di otto anni (di cui all’art. 27 c. 16 DL 185/2008), la Cassazione ordina la trasmissione degli atti al Primo Presidente della stessa Corte affinché valuti l’opportunità di rimettere la causa alle Sezioni unite.
redazione Memento
La CTR Lombardia rigettava l'appello proposto da una società, avverso la sentenza della CTP di Milano, che aveva a sua volta respinto il ricorso avverso un avviso di accertamento relativo agli anni d'imposta 2006 e 2007, concernente il recupero di un'agevolazione. Come emerge anche dalla sentenza impugnata, l'avviso di accertamento era stato emesso in quanto la società, dopo aver acquistato due macchine rotative da utilizzarsi in via esclusiva per la produzione di prodotti editoriali in lingua italiana, beneficiando del credito d'imposta di cui alla L. 62/2001, aveva utilizzato dette rotative anche per altri prodotti editoriali, non in lingua italiana, così perdendo il diritto all'agevolazione. La CTR respingeva l'appello della società evidenziando che: il MISE aveva disconosciuto l'agevolazione; le rotative acquistate non erano state utilizzate per intero per la produzione editoriale in lingua italiana, con conseguente decadenza dal diritto all'agevolazione; la stessa impugnava la sentenza della CTR con ricorso per Cassazione; l'Agenzia delle Entrate resisteva in giudizio depositando controricorso. La Cassazione, con la sentenza del 2 dicembre 2022 n. 35536, stabilisce che poiché, nel caso di specie, l'Amministrazione finanziaria non deduce l'inesistenza del credito d'imposta, ma si limita a ritenere che detto credito non spetterebbe in ragione della non corretta utilizzazione dei macchinari acquistati con l'agevolazione prevista dalla legge, si rientrerebbe non già nell'ipotesi di credito d'imposta inesistente, ma in quella di credito d'imposta non spettante, con conseguente applicazione del termine di decadenza quadriennale (di cui all'art. 43 DPR 600/73). L'impostazione della società trova riscontro in una recente sentenza della stessa Corte secondo cui, in tema di compensazione di crediti fiscali, l'applicazione del termine di decadenza ottennale (di cui all'art. 27 c. 16 DL 185/2008) presuppone l'utilizzo non già di un mero credito non spettante, bensì di un credito inesistente, per tale ultimo dovendo intendersi il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui all'art. 36-bis DPR 600/73, art. 36-ter DPR 600/73 e all'art. 54-bis DPR 633/72 (Cass. 16 novembre 2021 n. 34444). La superiore sentenza si discosta dall'orientamento tradizionale (Cass. 13 gennaio 2021 n. 354) che non distingue tra credito non spettante e credito inesistente, e propone un'interpretazione adeguatrice dell'originario tessuto normativo, letto alla luce dell'art. 13 c. 5 terzo periodo D.Lgs. 471/2015. Tale interpretazione, richiamata dalla Cass. 25 ottobre 2022 n. 31429, non è stata recepita dalla giurisprudenza successiva della stessa Corte, che ha continuato ad accreditare un'esegesi del tessuto normativo che non distingue tra crediti inesistenti e crediti non spettanti e applica, indifferentemente, il termine di decadenza di otto anni. Nel dettaglio, nel fissare il termine di otto anni per il recupero dei crediti d'imposta inesistenti indebitamente compensati, l'art. 27 c. 16 DL 185/2008 mira a garantire un margine di tempo adeguato per il compimento delle verifiche riguardanti l'investimento che ha generato il credito d'imposta, indistintamente fissato in otto anni, senza che possa trovare applicazione il termine più breve stabilito dall'art. 43 DPR 600/73 per il comune avviso di accertamento. La Corte ordina la trasmissione degli atti al Primo Presidente della Cassazione affinché valuti l'opportunità di rimettere la causa alle Sezioni unite. Fonte: Cass. 2 dicembre 2022 n. 35536
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