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sabato 03/12/2022 • 06:00

Fisco Corte UE

Gruppo IVA: la società madre può essere soggetto passivo unico?

La società madre può essere designata quale soggetto passivo unico al posto del Gruppo IVA qualora sia in grado di imporre la propria volontà alle altre entità appartenenti ed a condizione che ciò non comporti un rischio di perdita di gettito fiscale. Non sarà tassata la prestazione di servizi resa da un membro del gruppo.

di Matteo Dellapina - Avvocato, Cultore in Diritto Tributario presso l’Università di Pavia

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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La Corte di Giustizia fissa alcuni punti interessanti in ottica di Gruppo IVA:

  • una società madre potrà essere designata quale soggetto passivo unico di un Gruppo IVA formato da persone giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, a condizione che la “madre” sia in grado di imporre la propria volontà alle altre entità appartenenti a tale gruppo ed a condizione che tale designazione non comporti un rischio di perdite di gettito fiscale;
  • se la società madre, operante sempre quale soggetto passivo unico, effettui, da un lato attività economiche soggette ad IVA e dall’altro attività nell’ambito dell’esercizio di pubbliche potestà, non soggette ad imposta, le eventuali prestazioni di servizi fornite da un membro del gruppo, inerenti l’esercizio di pubbliche potestà, non sarà assoggettata ad IVA.

Qui il richiamo è alla sentenza della Corte di Giustizia del 1° dicembre 2022, Finanzamt T, C-269/20.

Gruppo IVA: quale rapporto con i singoli membri?

In base all’art. 4, par. 4, secondo comma, della Sesta Direttiva 77/388/CE, emerge che ogni Stato membro possa considerare più entità come un unico soggetto passivo, qualora queste ultime siano site sul territorio dello Stato membro medesimo e, sebbene siano giuridicamente indipendente, risultino strettamente vincolate tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Tale norma non va a subordinare la sua applicazione ad altre condizioni, non prevedendo neppure la possibilità, per gli Stati, di imporre altre condizioni agli operatori economici per poter costituire un gruppo IVA (CGUE, Commissione/Svezia, C-480/10, sentenza del 25 aprile 2013).

L’attuazione del regime stabilito dalla norma UE implica che la disciplina nazionale autorizzi le entità vincolate tra loro da tali rapporti (rapporti finanziari, economici ed organizzativi), a non essere più considerate quale unico soggetto passivo. In tal senso, se uno Stato membro applichi tale disposizione, l’entità subordinata non potrà essere considerata quale soggetto passivo a norma del diritto UE (CGUE, Ampliscientifica e Amplifin, C-162/07, sentenza del 22 maggio 2008).

Da ciò ne deriva che l’assimilazione ad un unico soggetto passivo, in forza della disciplina unionale, esclude che i membri del gruppo IVA continuino a presentare separatamente le dichiarazioni IVA e continuino ad essere individuati, tanto esternamente quanto internamente al loro gruppo, quali soggetti passivi, atteso che solo il soggetto passivo unico è autorizzato a presentare tali dichiarazioni.

Quindi la normativa nazionale, che recepisca il diritto UE, dovrà necessariamente provvedere in tal senso, ossia si dovrà garantire l’unicità del soggetto passivo ed al gruppo dovrà essere assegnato un unico numero di partita IVA.

Così le prestazioni di servizi erogate da terzi soggetti a favore di un membro del gruppo IVA dovranno essere considerate come fornite a favore del gruppo IVA e non del singolo membro (CGUE, Kaplan International colleges UK, C-77/19, sentenza del 18 novembre 2020).

… esistono restrizioni per l’applicazione del regime?

Come chiarito dalla giurisprudenza UE (CGUE, Larentia + Minerva e Marenave Schiffahrt, C-108/14 e C-109/14, sentenza del 16 luglio 2015), gli Stati membri possono subordinare l’applicazione del regime del gruppo IVA a talune restrizioni, purché esse rientrino negli obiettivi della direttiva volti a prevenire le pressi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscale.

… si può identificare un rappresentante del gruppo?

È bene ricordare come il gruppo IVA, in quanto soggetto passivo, è debitore dell’IVA dovuta all’erario. Ma allo stesso tempo, qualora più membri del gruppo siano giuridicamente indipendenti e costituiscono un unico soggetto passivo, allora un unico interlocutore dovrà assumersi gli obblighi di tale gruppo IVA nei confronti delle autorità fiscali (CGUE, Skandia America, filial Sverige, C-7/13, sentenza del 17 settembre 2014).

A tal riguardo e indipendentemente dalla possibilità di prevedere una rappresentanza del gruppo IVA da parte di uno di tali membri, una società madre del gruppo IVA potrà essere designata quale unico soggetto passivo, qualora tale organo sia in grado di imporre la propria volontà alle altre entità appartenenti a tale gruppo, il che consente di assicurare l’esatta riscossione dell’IVA.

Inoltre, la circostanza che non sia il gruppo IVA stesso, bensì la sua società madre, il rappresentante che svolge il ruolo di soggetto passivo unico, non deve comportare alcun rischio di perdita di gettito fiscale. Tale aspetto è assai nodale e fondamentale, proprio per garantire la completa riscossione dell’imposta.

Di conseguenza, può essere designato quale soggetto passivo unico dell’IVA, non il gruppo IVA, bensì un membro del gruppo stesso, ossia la società madre di quest’ultimo, qualora la “madre” stessa sia in grado e nelle condizioni di imporre la propria volontà alle altre entità appartenenti al gruppo ed a condizione che tale designazione non. Comporti un rischio di perdite di gettito fiscale.

Servizi prestati ai membri del Gruppo IVA: quale disciplina?

Secondo l’art. 6, par. 2, lett. b), della Direttiva 77/388/CEE, sono assimilate a prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso le prestazioni di servizi rese dal soggetto passivo per il proprio uso privato o per l’uso del suo personale o, più generalmente, per fini estranei alla sua impresa.

Come ricordato dalla CGUE (Hotel Scandic Gasaback, C-412/03, sentenza del 20 gennaio 2005), la disciplina unionale osta a che un soggetto passivo o membri del suo personale ottengano in esenzione d’imposta prestazioni di servizi del soggetto passivo per le quali un privato avrebbe dovuto versare l’IVA.

Per contro, sempre l’art. 6, par. 2, lett. b), della Direttiva 77/388/CEE non è volto a stabilire una regola secondo cui le operazioni che esulino dall’ambito di applicazione del regime IVA possano essere considerate svolte per “fini estranei” all’impresa ai sensi di tale disposizione (CGUE, Vereniging Noordelijke Land- en Tuinbouw Organisatie, C-515/07, sentenza del 12 febbraio 2009).

Da ciò ne consegue che, qualora un soggetto passivo unico di un gruppo IVA benefici di una prestazione di servizi da parte di un’entità appartenente al gruppo stesso e destinato al suo ambito di attività di autorità pubblica, ritenere che una siffatta prestazione sia imponibile equivarrebbe a considerarla come effettuata per finalità estranee all’impresa, equiparando a sua volta l’attività pubblica – che si colloca fuori dall’ambito applicativo dell’IVA – ad una siffatta attività, svuotando così di significato la Sesta Direttiva.

Di conseguenza, se un’entità che costituisce il soggetto passivo unico di un gruppo IVA che effettua, da un lato, attività economiche per le quali è soggetto passivo e, dall’altro, attività nell’ambito dell’esercizio di pubbliche potestà, per le quali non è considerata soggetto passivo IVA, la fornitura, da parte di un’entità appartenente al gruppo, di una prestazione di servizi inerente tale esercizio, non dovrà essere tassata in forza dell’art. 6, par. 2, lett. b), della della Direttiva 77/388/CEE.

Fonte: CGUE C-269/20, sentenza del 1° dicembre 2022

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