lunedì 05/12/2022 • 06:00
Con la sentenza n. C-141/20 sulla soggettività passiva IVA all'interno del Gruppo IVA, la Corte UE dispone che è consentito ad una società affiliata del gruppo di essere l'unica tenuta al pagamento delle imposte corrispondenti agli altri membri, senza la necessaria maggioranza dei diritti di voto ed una partecipazione maggioritaria nella società controllata.
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Con la domanda pregiudiziale il giudice chiedeva alla Corte UE se il regime interno di “unità fiscale” (Organschaft) fosse compatibile con il diritto dell'UE, in tema di Gruppi IVA, di cui all'art. 4, par. 1 e 4, c. 2, della Sesta Dir. IVA 77/388 (attuale art. 11 della Dir. IVA di rifusione n. 112/2006).
Il caso
Si chiedeva, nello specifico, se il comma 2 citato consentisse o meno ad uno Stato membro di stabilire che il soggetto passivo IVA potesse essere, in luogo del Gruppo IVA, un membro dello stesso (nel caso specifico la società madre).
Si chiedeva poi se uno Stato membro potesse specificare, mediante tipizzazione, i casi in cui determinati membri potessero essere considerate non indipendenti ai sensi della Sesta Dir. IVA, nel caso in cui fossero integrati dal punto di vista finanziario, economico ed organizzativo nella struttura di un'altra impresa, potendo questa imporre le proprie direttive a tale soggetto.
Nella causa in oggetto era controversa la qualificazione, quale Gruppo IVA, in relazione al vincolo tra la società NGD (srl di diritto tedesco) e le sue due controllanti società A quale organismo collettivo di diritto pubblico (al 51%) e società C eV quale associazione registrata (al 49%).
Il giudice del rinvio dubitava della compatibilità della norma interna alla Sesta Dir., come interpretata in argomento dalla Corte UE (sin dalla causa C-162/07), sulla base del fatto che il diritto tedesco farebbe dipendere la qualificazione di “unità fiscale” dalla condizione che la società madre disponga della maggioranza dei diritti di voto.
Il Gruppo IVA
Il Gruppo IVA rappresenta una finzione giuridica (v. qui il p. 2 delle Conclusioni dall'Avv. gen. L. Medina nonché le Linee guida della Commissione UE n. 325/2009), ovvero un'entità creata ed esistente ai soli fini dell'IVA, in cui la sostanza economica prevale sulla forma giuridica, che la norma UE consente di trattare come un singolo soggetto passivo IVA.
Ogni membro mantiene la propria forma giuridica, mentre la costituzione del Gruppo IVA (con proprio identificativo IVA) prevale, ai soli fini dell'IVA, sulle forme giuridiche dei membri.
L'istituto in oggetto, già “conosciuto” in campo comunitario (v. il punto 2 dell'All. A della Seconda Dir. IVA 67/228) e recepito in Italia solo recentemente (in Germania già presente dal 1978 sulla scia dell'Organschaft a loro già nota) con l'art. 1, c. 24, della Legge di bilancio 2017 che ha inserito gli artt. da 70-bis a 70-duodecies nel DPR 633/1972 e con il DM del 6/4/2018, è stato sistematizzato a partire dalla Sesta Dir. IVA.
La funzione e gli effetti del Gruppo IVA
La sua funzione principale è quella di consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente la qualità di soggetto passivo alla nozione di indipendenza puramente giuridica, per esigenze di semplificazione amministrativa o per evitare fenomeni elusivi o evasivi, quali ad esempio il frazionamento artificioso di un'impresa tra più soggetti passivi in modo che ognuno possa beneficiare di un regime speciale specifico (v. C-85/11, p. 47).
A ciò si aggiunge il vantaggio della riduzione del rischio fiscale per l'Erario, se è prevista (come in Italia) la responsabilità solidale IVA dei singoli componenti del Gruppo IVA.
L'effetto giuridico principale è quello di poter considerare come un soggetto passivo unico (esclusivamente ai fini IVA) le persone (soggetti passivi e non secondo l'interpretazione della Corte UE) stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate tra loro da rapporti finanziari economici e organizzativi, consentendo così ai singoli partecipanti al gruppo di sterilizzare, nei loro rispettivi rapporti interni, l'IVA da loro dovuta (le operazioni, tranne alcune prestazioni assimilate, sono escluse dal campo IVA).
Agli Stati membri, di contro, non è consentito stabilire ulteriori condizioni per l'accesso al Gruppo IVA, più restrittive, quali ad esempio l'esercizio di un determinato tipo di attività, al fine di non incorrere in possibili contestazioni di aiuti di stato o generare forme di concorrenza fiscale tra Stati.
Limitazioni in tal senso possono giustificarsi solo qualora fosse necessario adottare provvedimenti contro potenziali abusi in operazioni chiaramente identificate.
Gli Stati membri che vogliono esercitare l'opzione, concessa dalla direttiva, ad istituire normativamente un Gruppo IVA, devono preliminarmente consultare il “Comitato IVA” ed essere da questo preventivamente autorizzati.
L'interpretazione della Corte
Con la prima questione la Corte UE ha concluso che, potendo sostenersi che il requisito dello stretto legame finanziario tra componenti del Gruppo Iva non vada interpretato in modo restrittivo e consentendo altresì agli Stati membri di subordinare l'applicazione di tale regime a talune restrizioni, purché volte a prevenire le condotte abusive o a contrastare la frode e l'evasione fiscali, ciò può giustificare la designazione della società madre del Gruppo IVA come unico soggetto passivo, qualora sia in grado di imporre la propria volontà nei confronti delle altre entità del gruppo, in modo da garantire l'esatta riscossione dell'IVA, purché non vi sia alcun rischio di perdite fiscali.
La Corte UE richiama, però, le argomentazioni dell'Avv. gen. L. Medina nella causa in oggetto (p. 79), secondo la quale, a fronte di un obbligo del gruppo di individuare al suo interno un unico interlocutore che assuma gli obblighi IVA nei confronti dell'Erario (la società madre nel diritto tedesco), imporre di contro che tale ruolo debba essere ricoperto dal membro che detiene la maggioranza dei diritti di voto ed una partecipazione maggioritaria nella società controllata nel gruppo IVA, è contrario alla norma unionale in apertura citata.
Tale è l'oggetto della terza questione in cui si osserva che, posta l'esistenza di un Gruppo IVA alla compresenza fra i suoi membri di tre vincoli (finanziario, economico ed organizzativo) la cui portata concreta deve essere precisata a livello nazionale, occorre tuttavia fornire un'interpretazione autonoma e uniforme a livello UE della nozione di «stretti vincoli finanziari», al fine di evitare divergenze di applicazione nei singoli Stati membri (v. per analogia C‑868/19, p. 44 e C‑480/10, p. 34).
Il margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri nell'introdurre restrizioni al regime del Gruppo IVA non consente loro, però, di considerare come una condizione necessaria alla costituzione di un gruppo IVA l'esistenza di un rapporto di subordinazione con la società madre dei componenti del gruppo di imprese, a meno che una tale condizione sia una misura necessaria ed adeguata (v. C‑108/14, p. 44 e 45) a prevenire condotte abusive o a lottare contro la frode o l'evasione (escludendo i requisiti della maggioranza dei diritti di voto e della partecipazione maggioritaria).
Con la quarta questione la Corte ha escluso la possibilità che uno Stato membro qualifichi come non indipendenti, mediante tipizzazione, i membri del gruppo che siano integrati sul piano finanziario, economico ed organizzativo nella società madre, posto che dall'art. 4, par. 4, c. 2 citato non può evincersi che tali entità cessino di svolgere attività economiche indipendenti al solo ingresso nel gruppo, qualora continuino a svolgere attività a nome e per conto proprio e sotto la propria responsabilità, sopportando i correlati rischi economici (v. C‑7/13, p. 25 e C‑420/18, p. 39).
Fonte: CGUE 1° dicembre 2022 sentenza n. C-141/20
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