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mercoledì 30/11/2022 • 06:00

Lavoro Pressione fiscale sui lavoratori

Riduzione del cuneo fiscale: tutte le ipotesi nella ddl di Bilancio 2023

Il testo bollinato della bozza di legge di bilancio affronta la sempre presente tematica della riduzione del cuneo fiscale, consegnando un quadro di misure variegato. Tre di esse meritano un approfondimento, essendo riferite a lavoratori subordinati “qualificati” (detassazione delle mance) e non (riduzione tassazione premi e riduzione prelievo contributivo).

di Dario Ceccato - Consulente del lavoro - Ceccato Tormen & Partners

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Con la pubblicazione del testo bollinato della Legge di Bilancio 2023, l'esecutivo ha fatto trapelare la propria volontà di procedere verso una riduzione della “pressione fiscale” verso imprese, lavoratori autonomi ed anche lavoratori subordinati.

Procedendo dal titolo terzo denominato “Misure fiscali” si riscontra il “Capo I riduzione della pressione fiscale”. Tali previsioni si incastrano in un percorso, già paventato in campagna elettorale, di modifiche specifiche in favore di diverse categorie di beneficiari. I disposti normativi considerano, per l'appunto, l'istituzione di una “flat tax” in favore di lavoratori autonomi e imprese o del differimento dell'efficacia della c.d. “sugar tax e plastic tax”.

Nello specifico, per quanto alla platea dei lavoratori subordinati, riscontriamo due specifiche previsioni che meritano un approfondimento ovvero la detassazione delle “mance percepite dal personale impiegato nel settore ricettivo e di somministrazione di pasti e bevande” e, più trasversale, la previsione di una riduzione dell'imposta da applicarsi ai premi di produttività di cui all'articolo 1 comma 182 e seguenti della legge 208/2015.

A dire il vero, deve considerarsi un'altra previsione normativa, per concludere il cerchio della riduzione del cuneo fiscale, ovvero la prosecuzione, seppur in forma limitata, dell'esonero dei contributi previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti di cui all'art. 1, c. 121, legge 234/2021.

La detassazione delle mance

Su richiesta del Ministero del Turismo, la legge di bilancio contiene una ipotesi di revisione del sistema fiscale riferito all'istituto della c.d. “mancia”, caratterizzante (statisticamente) i settori del turismo in senso generico e, maggiormente in specifico, bar, alberghi, esercizi commerciali che offrono servizi di somministrazione di pasti o bevande.

Il testo dell'ipotesi di articolo merita di essere esaminato per singoli punti al fine di comprenderne, se confermato, le criticità o opportunità.

In estrema sintesi, la previsione normativa in discussione assoggetterebbe a tassazione separata con aliquota forfettaria del 5%:

  • Per i soli dipendenti che operino nelle “strutture ricettive di cui all'articolo 8 del codice del turismo, allegato al decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, e negli esercizi commerciali che offrono servizi di somministrazione di pasti o bevande”;
  • Le somme destinate dai clienti a titolo di liberalità, acquisite per il tramite del datore di lavoro, anche attraverso mezzi di pagamento elettronici le quali dovranno essere “integralmente riversate al lavoratore ovvero ai lavoratori, previamente individuati”;
  • Peraltro, il singolo lavoratore, continua l'ipotesi di articolo, potrebbe rinunciare in forma scritta alla percezione della liberalità. In tal caso, si suppone, il datore di lavoro dovrà raccogliere la rinuncia formale da parte del dipendente che, se ne dovrebbe desumere, non ricadrà nelle ipotesi di revoca ex art 2113 c.c.;

Non solo. La tassazione agevolata delle mance o liberalità si applicherebbe solo “entro il limite del 25 per cento del reddito percepito nell'anno per le relative prestazioni di lavoro”.

I successivi commi dell'art 13 in parola proseguono nel dettare successive condizionalità all'applicazione concreto del disposto. Ad esempio:

  1. Le mance così percepite (si intende, oggetto di detassazione al 5%) concorreranno alla determinazione dei requisiti reddituali in ogni caso di applicazione di qualsiasi beneficio, sia fiscale che non (secondo comma);
  2. In caso di accertamento, riscossione, sanzioni e contenzioso si applicheranno, per quanto compatibili, le disposizioni già vigenti in tema di imposte sui redditi (quarto comma);
  3. E, per concludere, l'integrale impianto normativo appena citato (detassazione al 5% entro il 25% del reddito percepito nell'anno per le relative prestazioni di lavoro) si applicherà solo a coloro i quali, nell'anno precedente, abbiano percepito un reddito inferiore a 50.000,00 euro;

Per quanto la norma possa essere animata da una volontà di regolamentare un fenomeno storicamente esistente nei servizi vicini o riferito al più grande alveo del turismo (anche se geograficamente differenziato), la stessa presenta delle lacune e criticità che potrebbero minare la sua applicazione pratica.

Basti pensare a questo:

  • Gli operatori del settore hanno, da sempre, evitato una disciplina del fenomeno “liberalità” rimettendo tale gesto ad un rapporto univoco e non regolato (ne stimolato) tra cliente e lavoratore (attratto, se proprio è necessario dare una significato normativo, alla donazione ex art. 783 c.c. di modico valore cc.);
  • Il motivo era chiaro. Il sistema italiano non era (ne risulta essere) pronto a considerare le “mance” come una forma di retribuzione indiretta, non erogata dal datore di lavoro ma ingenerata dall'attività lavorativa. Questo anche nella logica di risultare del tutto estranei alla dazione economica cliente – prestatore d'opera e ciò per evitare che l'ente previdenziale o fiscale possa, correttamente, ritenere la liberalità un corrispettivo che “trae origine dal rapporto di lavoro”;

La previsione sembra non riconoscere detto fenomeno ma si limita a consegnare una disciplina complessa (come identificare i lavoratori destinatari delle mance? Per quale motivo farlo? Come reperire le rinunce scritte?) che, quale unico perno, assegnerebbe una tassazione agevolata che dovrebbe, in ogni caso, rispettare dei vincoli di proporzionalità (25% del reddito percepito nell'anno per le relative prestazioni di lavoro) e soggettività (meno di 50.000,00 percepiti l'anno precedente).

Il tutto senza alcuna disciplina previdenziale. Ma le c.d. mance così percepite, sarebbero imponibili previdenziali o meno?

La tassazione super agevolata dei premi di produttività

Nell'articolo 14 della bozza di legge di bilancio viene inserita una semplice previsione che merita di essere integralmente trascritta:

“(Riduzione dell'imposta sostitutiva applicabile ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti)

1. Per i premi e le somme erogati nell'anno 2023 l'aliquota dell'imposta sostitutiva di cui all'articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, è ridotta al 5 per cento.”

L'intento dell'esecutivo è quello di consentire una minore imposizione fiscale dei c.d “premi detassabili” ovvero quelle premialità che trovano fondamento normativo e contrattuale nelle previsioni dell'art 1 comma 182 della legge 208/2015 e nel successivo decreto interministeriale del 29 aprile 2016 il cui articolo 2 denominato “premi di risultato e criteri di misurazione” consegna una definizione positiva di premio di risultato ovvero “le somme di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione” .

Nel ricordare come oggi la tassazione della percezione in denaro dei sopra citati premi stabiliti e istituiti con accordo sindacale (ai sensi dell'art. 51 D.Lgs. 81/2015) e ritualmente depositati è pari al 10%, deve ricordarsi come l'accordo sindacale potrebbe disporre non solamente il riconoscimento della premialità subordinata alla concretizzazione dei risultati prefissati ma, cosa da preferirsi, la sua conversione in sistema di welfare ex art. 51 (e non solo) del testo unico delle imposte sui redditi.

Ci si chiede, dunque, se la previsione in diminuzione dell'aliquota fiscale in favore dei soli lavoratori (il costo per l'azienda, è da ricordarlo, rimarrebbe invariato) possa recare benefici alle politiche di welfare aziendale che, poco alla volta, stavano finalmente per essere considerate anche dalle medie imprese italiane.

In effetti, per quanto l'intento sia meritorio, astrattamente la minore tassazione, oramai prossima allo zero, potrebbe scoraggiare i lavoratori dal determinare la conversione, se prevista, del premio in sistemi di flexible benefits (con benefici sia datoriali sia riferiti ai collaboratori subordinati).

L'esonero contributivo 202

Sempre in tema di riduzione del cuneo fiscale, deve essere segnalato l'articolo 50 della bozza di legge di bilancio il quale proroga, nei fatti, una agevolazione che ha già interessato i datori di lavoro nel corso del 2022 ovvero la riduzione di due punti percentuali dei contributi a carico dei lavoratori stessi.

Inizialmente nata come esonero di 0,8 punti percentuali nel periodo 01 gennaio – 30 giugno a cura della legge di bilancio precedente (legge 234/2021), estesa di 1,2 punti percentuali a sommarsi ai precedenti dal 01 luglio 2022 al 31 dicembre 2022 per effetto del DL c.d. Aiuti bis (DL 115/2022 convertito in legge 142/2022), la stessa viene estesa anche alla futura annualità, sempre a beneficio di chi possa vantare una retribuzione imponibile previdenziale inferiore ad euro 2.692,00 mese per tredici mensilità.

La novità deve rilevarsi nella possibilità di incrementare di un ulteriore punto percentuale l'agevolazione sopra descritta, a beneficio di coloro i quali saranno destinatari di retribuzioni imponibili inferiore ad euro 1.538,00 per tredici mensilità.

Se fosse questa la determinazione governativa, almeno l'anno 2023 può partire con il piede giusto. Perché conoscere la norma e sapere come applicarla è già un passo avanti (il 2022, su questo, non è stato un anno da encomiare).

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