Con ordinanza del 16 novembre 2022, resa nell’ambito di procedimento cautelare ai sensi dell’art. 700 c.p.c., il Tribunale di Bari torna ad esprimersi in materia di appalti pubblici, in particolare in merito alla discrezionalità nell’applicazione del CCNL precedentemente adottato.
La controversia in esame attiene all’individuazione del contratto collettivo nazionale applicabile in caso di appalto di servizi conferito, a seguito di nuova gara di appalto, alla medesima società alla quale era stato in precedenza affidato.
All'esito della procedura, la società ha stipulato un nuovo e diverso contratto rispetto al precedente: la nuova gara indetta non costituisce una riproposizione della precedente, essendo, peraltro, mutata la stessa lex specialis.
Pertanto, se il subentro nell'appalto avviene nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica, è da escludere che una clausola sociale di riassunzione possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l'applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire.
Il caso concreto: ripercorriamo i passaggi
L’Università degli Studi di Bari, il 30 settembre 2019, ha avviato la procedura ad evidenza pubblica avente ad oggetto l’affidamento dell’appalto del servizio di portierato in plessi/strutture dell’Università.
Negli atti di gara, tuttavia, non è stato indicato il CCNL da applicare ai lavoratori. La gara si è conclusa nel luglio 2021 mediante l'aggiudicazione dell'appalto.
Il 16 marzo 2022, l’Università ha comunicato alla società vincitrice dell’appalto l’intenzione di avviare il servizio di portierato di cui alla nuova procedura di gara a partire dal 1° aprile 2022, sollecitandola ad attivare la clausola sociale prevista dal Capitolato e, quindi, a riassorbire il personale utilizzato nell’appalto.
Pertanto, è iniziata, nelle more della sottoscrizione del relativo contratto, l'esecuzione di un nuovo appalto, distinto dal precedente, eseguito dalla stessa società, la quale ha provveduto ad informare i lavoratori, tra i quali figurano i ricorrenti, circa la necessità di avviare il nuovo appalto, evidenziando come, a partire dalla sopracitata data, sarebbe stato applicato il CCNL Assiv e il relativo trattamento retributivo.
Nessuna delle disposizioni considerate nell’ambito della procedura di appalto (clausola di salvaguardia del Capitolato di gara, clausola di salvaguardia del CCNL Multiservizi precedentemente applicato, disciplina del nuovo CCNL Assiv applicato) e nemmeno il Codice dei contratti pubblici prevede l’obbligo dell’impresa affidataria dell’appalto, a seguito di nuova gara, di mantenere l’applicazione dello stesso CCNL.
Discrezionalità nell'applicazione del CCNL: il parere del Tribunale
Occorre, quindi, ribadire che i fatti esposti non attengono all’avvicendamento nell'esecuzione di uno stesso contratto, posto che la società ha dato avvio all'esecuzione di un nuovo appalto.
Nell’ambito di una nuova procedura di gara, non vi è infatti l’obbligo per l’impresa aggiudicataria di applicare lo stesso identico trattamento retributivo e il medesimo CCNL applicato al personale nell’ambito del precedente appalto, restando necessario esclusivamente che il CCNL sia individuato tra uno di quelli “di settore”.
La scelta del contratto collettivo da applicare rientra nelle prerogative di organizzazione dell'imprenditore e nella libertà negoziale delle parti, con il solo limite che esso risulti coerente con l'oggetto dell'appalto, come avvenuto nel caso in esame.
Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il CCNL territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente.
Ne consegue che tale previsione intende riferirsi al contratto che meglio regola le prestazioni rese dalla categoria dei lavoratori impiegati nell'espletamento del servizio, e non a quello imposto dai vincoli e alle clausole sociali inserite negli atti di gara.
Se il subentro nell'appalto avviene nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica, il rispetto della clausola sociale di riassunzione può essere imposto dalla lex specialis della gara, ma l'obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d'impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell'appalto.
Pertanto, è da escludere che una clausola sociale siffatta possa consentire alla stazione appaltante di imporre agli operatori economici l'applicazione di un dato contratto collettivo ai lavoratori e dipendenti da assorbire.
Il rigetto del ricorso
È noto, infine, che l’accoglimento del ricorso (art. 700 c.p.c.) postula la contemporanea sussistenza dei requisiti del fumus boni iuris (inteso come verosimile fondatezza della pretesa) e del periculum in mora (concepito come concreta possibilità che il diritto vantato, nel tempo occorrente per conseguire la tutela all’esito di un ordinario giudizio a cognizione piena, possa essere irrimediabilmente pregiudicato).
Nel caso in esame, il pericolo è, in buona sostanza, quello connesso al pregiudizio economico derivante dalla ritardata applicazione ai lavoratori ricorrenti del CCNL Multiservizi da cui deriverebbero per quest’ultimi pregiudizi non altrimenti riparabili.
Pur valutando il requisito della irreparabilità con riferimento non solo al diritto in sé, ma anche in relazione alla concreta funzione che esso è destinato ad assolvere nella prospettiva del suo titolare, nella specie non è possibile ritenere che il pregiudizio assuma i connotati della irreparabilità.
Nel caso concreto manca la prova che lo stato di insoddisfazione del diritto reclamato dai ricorrenti si traduca in un pregiudizio che non possa trovare adeguato ristoro all’esito di un procedimento ordinario a cognizione piena.
Fonte: Trib. Bari 16 novembre 2022