lunedì 28/11/2022 • 06:00
La Cassazione ha ribadito che gli amministratori non possono sottrarsi alla responsabilità adducendo che l'illecito sia stato commesso da un altro soggetto, avendo un dovere di vigilanza sul regolare andamento della società, la cui violazione comporta una responsabilità solidale salvo che non provino di non aver potuto impedire il fatto.
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La Cassazione (sentenza 18 ottobre 2022, n. 30500) si è di recente espressa con un'ordinanza in merito alla responsabilità dei Consiglieri di Amministrazione di una banca (“Ordinanza”). Nello specifico, l'Ordinanza ha rigettato il ricorso presentato da alcuni Consiglieri di Amministrazione di una importante banca i quali erano stati sanzionati dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (“CONSOB”) per una serie di violazioni di norme previste, rispettivamente, dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (“TUF”), dal Regolamento congiunto Banca d'Italia - Consob in materia di organizzazione e procedure degli intermediari (“Regolamento Congiunto”) e dal Regolamento di CONSOB in materia di intermediari (“Regolamento Intermediari”).
Le varie violazioni (“Violazioni”) riguardavano, sostanzialmente, carenze procedurali che hanno consentito un'azione commerciale strutturata e pervasiva, i cui obiettivi sono stati individuati esclusivamente sulla base di esigenze di patrimonializzazione della Banca ed in potenziale spregio dei bisogni di investimento della clientela. A mero titolo di esempio, la CONSOB aveva ravvisato pressioni sostanziatesi, fra l'altro, nella raccolta di manifestazioni di interesse prima della pubblicazione del prospetto informativo e nell'impiego dei finanziamenti quale leva per indurre alla sottoscrizione delle azioni soggetti che versavano in una situazione di dipendenza economica dalla Banca. Ulteriore rilievo della CONSOB aveva riguardato l'assenza delle cautele dei presidi di correttezza e trasparenza, come nel caso di finanziamenti concessi dalla Banca alla propria clientela esclusivamente finalizzati all'acquisto delle azioni di propria emissione. Le specifiche modalità operative emerse in proposito, che hanno condotto ad una grave alterazione del processo decisionale di investimento da parte della clientela, sono risultate funzionali alle mere esigenze di capitalizzazione della banca.
CONSOB, rilevando suddette Violazioni, aveva, con delibera (“Delibera”), applicato una sanzione complessiva di euro 85.000 ciascuno (“Sanzione”) a due Amministratori (“Ricorrenti”) che hanno poi presentato ricorso presso la Corte di Appello di Venezia la quale ha, tuttavia, confermato la validità della Delibera ed escluso la natura penale della Sanzione non riscontrando i parametri della tipologia, della severità e dell'incidenza patrimoniale e personale che caratterizzano l'ambito penale.
A fronte della conferma della Corte d'Appello di Venezia, i Ricorrenti hanno successivamente adito la Suprema Corte la quale ha anch'essa, tuttavia, respinto i reclami dei Ricorrenti statuendo e ribadendo, rispettivamente, alcuni principi di particolare interesse.
Natura della Sanzione: Penale o Amministrativa
Tra gli aspetti giuridicamente più avvincenti su cui la Cassazione si è pronunciata vi è quello relativo alla supposta natura penale della Sanzione con le annesse conseguenze che ne sarebbero dovute derivare. Nello specifico, i Ricorrenti puntavano a far riconoscere la natura penale della Sanzione in quanto ciò avrebbe comportato la nullità della Delibera CONSOB per i) avere utilizzato prove testimoniali senza assumerle nel contradditorio del ricorrente; ii) la mancata audizione del ricorrente; iii) applicazione di una sanzione penale in violazione del giudice naturale precostituito; iv) violazione del divieto di "ne bis in idem" che si sarebbe verificato con una sanzione penale ed amministrativa comminata sui medesimi fatti.
La Suprema Corte ha, tuttavia, ribadito che la Sanzione, così come effettivamente comminata da CONSOB, non ha connotazione penale, in quanto una sanzione pecuniaria compresa tra il minimo edittale di euro 2.500 ed il massimo edittale di euro 250.000, non corredata da sanzioni accessorie né da confisca, non può ritenersi connotata da una afflittività così spinta da trasmodare dall'ambito amministrativo a quello penale. Da ciò consegue che le censure avanzate dai Ricorrenti in relazione al contrasto della Delibera con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (“CEDU”) siano non corrette.
Generale obbligo di vigilanza degli Amministratori e connessa responsabilità solidale
Tuttavia, l'aspetto probabilmente più interessante dell'Ordinanza concerne il tema della responsabilità degli amministratori i quali, nel caso specifico dei Ricorrenti, puntavano a far rilevare che le operazioni costituenti l'illecito fossero state eseguite dall'alta dirigenza della Banca. Al riguardo la Suprema Corte ha, infatti, ritenuto di ribadire il proprio consolidato orientamento, sancito nel 2009 anche a Sezioni Unite (20933/2009, come poi confermato, tra le altre da, Cass. 30072/2017), secondo il quale, in tema di sanzioni amministrative per violazione delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, i componenti del CdA di una società (ovvero l'amministratore delegato unico), chiamati a rispondere per la violazione dei doveri inerenti alla prestazione dei servizi di investimento posti a tutela degli investitori e del buon funzionamento del mercato, non possono sottrarsi alla responsabilità adducendo che le operazioni integranti l'illecito siano state poste in essere, con ampia autonomia, da un altro soggetto che abbia agito per conto della società.
La Cassazione ha ritenuto che l'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione di una società di capitali non venga meno neppure nell'ipotesi di attribuzioni assegnate espressamente al comitato esecutivo o ad uno (ovvero ad alcuni soltanto) dei componenti del CdA poiché la legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 6, prevede la responsabilità solidale di chi viola il dovere di vigilanza, salvo che non provi di non aver potuto impedire il fatto.
I Ricorrenti, pertanto, sono da considerarsi coobbligati solidali per omissione di vigilanza evidente, nel caso specifico, in merito al rispetto delle procedure ed in relazione alle condotte dei dipendenti della banca, attesa la obiettiva percepibilità delle anomalie riscontrate, che non potevano giustificare l'inerzia dei Ricorrenti stessi.
I Ricorrenti, dunque, non erano in alcun modo esentati dall'obbligo di agire in modo informato gravante su ciascun amministratore ai sensi dell'art. 2381 c.c., obbligo “aggravato” dal fatto che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo, ai sensi dell'art. 13 del TUF, devono possedere requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, nonché soddisfare criteri di competenza e correttezza, e dedicare il tempo necessario all'efficace espletamento dell'incarico.
Fonte: Cass. 18 ottobre 2022 n. 30500
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