giovedì 08/12/2022 • 06:00
La Cassazione penale ribadisce che, nel caso dei “reati contratto” come il caporalato, l’intero profitto dell’illecito può essere oggetto di confisca cautelare.
redazione Memento
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Nel reato di caporalato, le somme indebitamente “guadagnate” dal reo possono essere sottoposte a sequestro cautelare nella loro interezza, a nulla valendo la definizione “aziendalistica” di profitto o eventuali pause nell’impiego dei lavoratori in nero dovute al carattere stagionale dell’attività.
Il caso
Viene predisposta una misura cautelare nei confronti di un amministratore di società per l’intermediazione illecita di diversi caporali per il reclutamento di personale extracomunitario, per lo più in fase di bisogno e indigenza. Il personale veniva addetto alla raccolta di prodotti agricoli che crescevano nel terreno dell’amministratore. Nello specifico, la somma posta sotto sequestro era stata calcolata dal GIP in quasi 2 milioni di euro per gli illeciti commessi tra il 2017 e il 2020 e riguardanti 20 lavoratori.
L’interpretazione del Tribunale
Il tribunale accoglie il ricorso dell’amministratore, secondo cui la somma posta sotto sequestro fosse troppo elevata. Infatti, poiché l’attività dell’amministratore era quella di commercio di frutta e verdura, che si denota per il suo carattere di stagionalità, non era possibile considerare per intero il periodo 2017-2020, ma l’attività era più intensa nei mesi tra giugno e settembre, con occupazione di un maggior numero di lavoratori in nero. Di conseguenza, la somma da sequestrare era stata riparametrata in € 100.000.
Il parere della Cassazione
Su impulso della procura della Repubblica, la Cassazione analizza il caso e accoglie il ricorso. Sin da subito, questa richiama un assunto delle Sezioni Unite che afferma l’assoggettabilità a confisca dell’intero profitto derivante dai c.d.”reati contratto”, tra cui rientra anche quello di caporalato.
Il Tribunale, invece, non si è attenuto a questo principio, determinando il profitto confiscabile sulla base di una non pertinente nozione aziendalistica di profitto, detraendo dall'importo complessivo dei vantaggi economico-patrimoniali tratti dalla commissione del delitto per cui si procede, l'importo totale dei (presunti) costi sostenuti per la retribuzione dei lavorator i illecitamente assunti.
Si tratta di un'impostazione erronea, poiché il profitto (nel caso concretizzantesi in un risparmio di spesa rispetto agli importi che si sarebbero dovuti sostenere in caso di assunzione legale di manodopera) derivante dall'illecito sfruttamento dei lavoratori è conseguenza immediata e diretta del reato ed è, pertanto, interamente assoggettabile a confisca, indipendentemente dai costi sostenuti per la consumazione del reato, per definizione estranei alla nozione (penalistica e non aziendalistica) di profitto.
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