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giovedì 24/11/2022 • 14:29

Lavoro Lavoro tramite piattaforma digitale

Il rider come subordinato: l’infinito iter del riconoscimento dei diritti

Il Tribunale di Torino, con la sentenza del 15 novembre 2022, ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro tra rider e la piattaforma digitale, confermando il discostamento della giurisprudenza dal legislatore, che ha previsto due forme di tutela differenziate. Quali sono i diritti in capo ai riders?

di Chiara Ciccia Romito - PhD - Avvocato - Consulente Commissione Parlamentare Inchiesta Condizioni di Lavoro

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  • Tempo di lettura 9 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Che la questione del lavoro tramite piattaforma non fosse ancora del tutto chiara si rinviene dal fatto che l'attuale normativa, e le tutele da essa riservata, ha suddiviso il suo regime a due forme di tutela differenziate. A ciò si aggiunge, il fatto che la più recente giurisprudenza si discosta dagli ultimi provvedimenti legislativi adottati tendendo al riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro dei riders. L'ultima sentenza in materia, non ancora pubblicata, è del 15 novembre ed è stata emessa dal Tribunale di Torino che ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro tra rider e piattaforma.  Un'occasione per riflettere, non solo per la situazione dei riders, ma altresì per il lavoro tramite piattaforma e per il corretto riconoscimento dello status dei lavoratori.

La questione dei riders

Come noto, la questione dei riders origina a partire dalla sentenza del Tribunale di Torino n. 778/2018 che ha inteso indagare sulla natura della subordinazione nel rapporto di lavoro instauratosi tra piattaforma e ciclofattorini. La sentenza di primo grado, tuttavia, non ha riconosciuto un rapporto di subordinazione poiché secondo il giudice non si sarebbe configurato l'esercizio del potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro che, tra gli altri elementi, determina la subordinazione. L'interpretazione viene ribaltata dalla Corte di appello, che nel giudizio di secondo grado qualifica il rapporto rider e piattaforma in un terzo genus non configurabile né nel lavoro autonomo ai sensi dell'art. 2222 c.c. né nella collaborazione etero-organizzata di cui all'art. 2 D.Lgs. 81/2015. L'ultimo grado del giudizio vede impegnata la Suprema Corte di Cassazione sulla corretta interpretazione dell'art. 2 D.Lgs. 81/2015 che disciplina le collaborazioni etero-organizzate. Secondo la Corte si è in presenza di tale fattispecie quando:

  • la collaborazione sia prevalente;
  • sia svolta in maniera continuativa;
  • sia organizzata anche in riferimento ai luoghi e modi di lavoro da parte del committente.

Qualora tali caratteristiche siano presenti, deve essere dato al rapporto di lavoro la disciplina della subordinazione.

L'apporto pratico della Corte di Cassazione porta il Legislatore a colmare al vuoto legislativo relativo al lavoro tramite piattaforme con l'introduzione della Legge 128 del 2019 che modifica e integra alcune norme del D.lgs. 81/2015.

In particolare, la norma prevede due distinti regimi di tutela:

  • l'estensione della disciplina della subordinazione anche nei rapporti etero organizzati ai sensi dell'art. 2 D.Lgs. 81/2015. Invero, la norma, al comma successivo, aggiunge che le disposizioni che configurano la subordinazione nei rapporti etero organizzati si applicano, altresì, ai rapporti di collaborazione di attività di consegna di beni per conto altrui…anche mediante l'ausilio di piattaforme, riferendosi implicitamente alla categoria dei ciclofattorini;
  • l'introduzione di uno specifico capo V bis intitolato “lavoro tramite piattaforme digitali” destinato a introdurre tutele minime per i lavoratori autonomi che operano mediante piattaforma.

Cosa sono le piattaforme digitali?

Secondo l'art. 47 bis primo comma si considerano piattaforme digitali i programmi e le procedure informatiche utilizzate dal committente che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, sono strumentali alle attività di consegna di beni, fissandone il compenso e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.

Il legislatore ha previsto, quindi, due differenti discipline: da un lato estende la disciplina della subordinazione ai rapporti etero organizzati prevedendo espressamente in tale contesto i rapporti di collaborazione che si estrinsecano in consegna di beni tramite piattaforma. Dall'altro lato, ha inteso prevedere misure minime di tutela ai lavoratori autonomi che operano tramite piattaforme digitali.

È chiaro che la disciplina crea un'implicita confusione interpretativa: da un lato le tutele della subordinazione di cui il nuovo art. 2 D.lgs. 81/2015 sono limitate alla categoria di lavoratori per consegna di beni tramite piattaforma, escludendo tutti gli altri lavoratori che estrinsecano la prestazione lavorativa tramite piattaforma. Dall'altro, con la definizione di piattaforme digitali di cui all'art. 47 bis comma 2, secondo la quale la piattaforma è strumentale allo svolgimento dell'attività, si crea confusione circa l'effettiva sussistenza dell'autonomia di cui all'art. 2222 c.c.

A rendere più complicata la questione è l'interpretazione della recente giurisprudenza che tende a discostarsi dalle introduzioni normative riconoscendo la natura subordinata del rapporto di lavoro dei riders.

Il caso

Il 15 novembre il Tribunale di Torino, ha riconosciuto la natura subordinata della prestazione lavorativa di un rider che aveva fatto causa contro Foodinho Srl, piattaforma Glovo. Secondo il giudice, tutto l'orario dalla timbratura on line all'effettiva conclusione degli slot lavorativi costituisce tempo lavoro e ha condannato la Società a pagare al lavoratore le differenze retributive tra l'applicazione del contratto di collaborazione autonoma occasionale e la corretta applicazione del contratto subordinato per le giornate di lavoro effettuate in questo arco temporale, oltre alle spese di causa.

Il Tribunale ha infatti accertato che “tra le parti si è instaurato a partire dall'8 maggio 2019 e sino quanto meno al deposito del ricorso, un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il diritto del ricorrente all'inquadramento nel VI livello del CCNL terziario, distribuzione e servizi”. La decisione non costituisce una novità assoluta, già lo scorso marzo il giudice di Milano, sezione lavoro, con la sentenza 1018 del 2022, era giunto alle medesime conclusioni. Anche in Europa i giudici tendono a riconoscere la natura subordinata dei rapporti di lavoro dei collaboratori da piattaforma, in Inghilterra, infatti, già dal 2020 le Corti hanno riconosciuto la natura di lavoratori subordinati ai driver di Uber.

La digitalizzazione del lavoro sta plasmando l'economia dell'UE e i suoi mercati del lavoro. Le piattaforme digitali occupano una grande parte del nuovo mercato digitale del lavoro e il suo sviluppo è destinato ad incrementare. Secondo le stime, infatti, le entrate del settore nell'UE sono cresciute del 500% circa negli ultimi cinque anni e secondo lo Study to support the impact assessment of an EU initiative on improving working conditions in platform work nel 2021 oltre 28 milioni di persone nell'UE lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali.

Ma come funzionano le piatteforme digitali?

Il lavoratore si iscrive su una piattaforma digitale attraverso un'offerta di lavoro “aperta”, ma circoscritta alle caratteristiche necessarie a rendere la prestazione. Il lavoratore viene, pertanto, selezionato per svolgere un'attività da remoto (può essere meramente routinaria, ma anche creativa – dipende dalle ipotesi). La prestazione si svolge presso il domicilio del lavoratore che generalmente ha tra i suoi obblighi quello di garantire una corretta connessione alla rete. Tra le mansioni maggiormente ricercate si annoverano sbobinature, traduzioni, trascrizioni e, più̀ in generale, attività di data-entry, ma anche la partecipazione a esperimenti e indagini a scopo scientifico.

Prima di iniziare il rapporto di lavoro, la piattaforma sottopone delle condizioni contrattuali “unilaterali” a cui il lavoratore deve aderire. Alcune piattaforme prevedono meccanismi competitivi per aggiudicarsi un ingaggio. Ma l'elemento che necessita di una direzione è quello del rating interno. Fenomeno spesso opaco che raccoglie i dati relativi all'attività lavorativa in merito al tempo di prestazione, al numero di commesse accettate, gli apprezzamenti da parte della cliente e spesso all'insaputa del lavoratore. Lo scopo? Quello di assegnare un punteggio, un giudizio o più in generale un parametro di valutazione del lavoratore.

L'intervento di giurisprudenza e Garante Privacy

Questo fenomeno è stato analizzato anche dalla nostra giurisprudenza, in relazione al fenomeno dei riders (ordinanza 31 dicembre 2021), che è arrivata definire l'algoritmo discriminatorio. Non solo, ma la sentenza n. 3570/2020 del Tribunale di Palermo ha descritto perfettamente il funzionamento del rating. L'algoritmo assegnava il turno di lavoro sulla base di un punteggio del rider. In altre parole, la sorveglianza costante dell'algoritmo consentiva di assegnare dei punti sulla base del tempo percorso, delle chiamate prese e addirittura sullo stato di carica della batteria dello smartphone dei riders. Se il risultato ottenuto dal rider fosse stato positivo, la piattaforma avrebbe lasciato al rider la possibilità di scegliere le corse. Al contrario, in caso di giudizio negativo l'assegnazione sarebbe stata scelta direttamente dalla piattaforma. Evenienza non in linea con l'autonomia del rider, e quindi, con l'art. 2222 c.c.

La questione è stata analizzata anche dall'Autorità Garante per la protezione dei dati personali che con Prov. n. 234/2021 ha condannato la società per la mancata attuazione delle tutele previste nell'ambito della disciplina relativa alla protezione dei dati personali, e in particolare sulle garanzie offerte dall'art. 22 del GDPR.

Sulla scorta della situazione d'emergenza la Commissione Europea ha pubblicato la Proposta di Direttiva che nel prossimo biennio dovrebbe entrare in vigore definendo misure di tutela per tutti i lavoratori da piattaforma, e non solo per i riders.

La necessità di un intervento legislativo

Tuttavia, resta ferma la necessità di un intervento legislativo nel nostro ordinamento in grado di estendere le tutele di cui all'art. 2 D.Lgs. 81/2015 ai lavoratori da piattaforma diversi dai ciclofattorini e di prevedere criteri specifici per la corretta classificazione dei rapporti di collaborazione e di subordinazione. Ad oggi, le decisioni relative alla subordinazione – soltanto al caso dei riders - sono state lasciate alla giurisprudenza e ai casi oggetto di sentenza, limitando così le tutele ai soli lavoratori che hanno proposto un ricorso.

La diffusione del fenomeno, destinato a crescere, e la molteplicità delle fattispecie che si possono realizzare tramite piattaforma necessitano di una legislazione di dettaglio capace di estendere le tutele alla totalità dei lavoratori digitali, ma altresì in grado di qualificare correttamente la diversità dei rapporti allo scopo di non pregiudicare la creazione del mercato digitale.

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