La riduzione del superbonus al 90% nel 2023, ma la conferma anche per le unifamiliari “abitazione principale”
Le bozze che circolavano da qualche tempo del Decreto Aiuti quater sono state essenzialmente confermate nel testo definitivo del DL 176/2022 (Decreto Aiuti quater) uscito in Gazzetta lo scorso 19 novembre. Sono state approvate definitivamente le riduzioni per gli anni a venire, con un progressivo abbassamento del bonus già dal 2023 (contrariamente all'ipotesi originale che invece vedeva la quota del 110% confermata anche per il prossimo anno). È stata, quindi, ribadita la nuova quota del 90% dal 2023, tranne per i condomini che entro il prossimo (imminente) venerdì 25 novembre avranno già prodotto la CILA semplificata per il Superbonus (come prevista dall'art.119 DL n. 34/2020, modificato nel 2021) e contestuale approvazione della delibera condominiale.
Le unifamiliari, invece, perdono già da ora la detrazione al 110%, almeno che non avessero già completato perlomeno il 30% dei lavori alla data 30 settembre scorso, ma passano al 90% evitando il paventato rischio di una esclusione totale dai benefici fiscali. Tuttavia, come già anticipato, le unifamiliari avranno diritto al Superbonus ridotto nel 2023 solo se adibite a prima casa, per i nuclei familiari con redditi medio-bassi (€ 15 mila per non coniugati/conviventi, € 30 mila per doppia senza figli, € 37,5 mila con un figlio/familiare convivente, € 45 mila con due familiari, € 60 mila con 3 figli/familiari o più). In sintesi, sono state confermate le indicazioni governative verso la riduzione di una misura fiscale che è stata più volte definita come troppo esosa per l'erario, rispetto agli effettivi vantaggi socio-economici apportati all'economia generale. Si sta quindi avviando questa lenta fase di ripensamento dell'intero istituto, con una propensione ad una stretta sempre più vigorosa.
La novità rispetto alle bozze di decreto: la possibilità di spalmare il credito fiscale in 10 anni
Anche in quest'ottica di ripensamento in chiave restrittiva dell'agevolazione fiscale, le buone notizie arrivano comunque. Rispetto alle bozze inizialmente circolate è stato aggiunto un ulteriore c. 4 all'art. 9 DL Aiuti quater, per risolvere il problema più volte evidenziato della persistente mancanza di appetibilità della cessione del credito da Superbonus, sia da parte degli istituti finanziari (sotto forma di finanziamento attraverso l'acquisto ad un prezzo inferiore al valore nominale), sia da parte delle aziende edili (in quest'ultimo, caso sotto forma di sconto in fattura). Questi strumenti sono quelli che hanno consentito il diffuso utilizzo dell'agevolazione fiscale, rendendola numericamente un successo, perché hanno evitato al proprietario dell'immobile di anticipare le somme necessarie all'intervento di riqualificazione. Se i crediti da Superbonus non circolano più verso le aziende edili o le banche, l'intero meccanismo agevolativo si blocca, come sta attualmente succedendo a causa del disinteresse all'acquisto da parte degli istituti finanziari ed ormai anche dalle stesse aziende costruttrici. Il c. 4 dell'art. 9 cerca, quindi, di facilitare la circolazione dei crediti fiscali in argomento, tentando di risolvere il problema legato alla capienza di redditi dei cessionari di tali crediti.
Questi ultimi, infatti, devono avere redditi imponibili abbastanza elevati da assorbire i crediti fiscali acquisiti, sempre più numerosi a causa della grande mole di interventi agevolati in esecuzione. Infatti, se l'acquirente non ha imposte dovute con cui compensare i crediti comprati, perde interesse all'acquisto del credito stesso. Pertanto, se la rata annuale del credito da utilizzare è troppo elevata, l'acquirente non ha interesse a comprare un credito che non può compensare con il proprio debito fiscale. Nella versione iniziale del Superbonus, il periodo di ammortamento previsto dall'art. 121 DL 34/2020 era piuttosto breve, avendo come data ultima dicembre 2026.
Pertanto, prima della attuale modifica, i crediti da Superbonus 110 ceduti nel 2022, potendo essere utilizzati solo a partire dal 2023 (ossia dal primo anno successivo alla cessione), dovevano essere completamente utilizzati entro il 2026, in appena 4 anni. Questo “ammortamento accelerato” del Superbonus fiscale sembrava inizialmente un vantaggio per le imprese edili e per le banche, poiché potevano rientrare in tempi piuttosto brevi delle somme anticipate sotto forma sconto per interventi non retribuiti (le aziende edili) o di finanziamento (per le banche). Tuttavia, l'incontestabile successo della misura ha fatto sì che la richiesta di lavori edili agevolati aumentasse vertiginosamente, fino a spingere le imprese di costruzione a cedere in massa i propri crediti (ottenuti tramite sconto in fattura) alle banche. Subito dopo anche le banche si sono trovate intasate da crediti fiscali, senza che ci fosse una loro capienza reddituale tale da poter permettere un'effettiva compensazione. In effetti, l'obbligo di dover ammortizzare l'intero Superbonus in 4-5 anni, moltiplicato per l'elevato numero di interventi agevolati, ha sovraccaricato anche il sistema creditizio che ormai da tempo ha smesso di acquistare questi crediti, anche a fronte di abbattimenti del 20% del valore nominale.
Insomma, le aziende edili erano disposte a perdere una parte anche consistente del credito nominalmente acquistato dal proprietario dell'immobile, pur di avere soldi liquidi dalle banche; tuttavia, quello che sembrava evidente è che un affare finanziario si è interrotto quando le banche non avevano più imposte da poter compensare con i crediti acquistati. Sembra, infatti, confermato dalla prassi che gli ultimi soggetti interessati all'acquisto di crediti fiscali erano le aziende energetiche che si trovavano di fronte ad un forte incremento della redditualità dovuta all'aumento dei pezzi dell'energia. Più redditi vogliono dire più tasse da pagare e ciò fa nascere l'interesse a comprare crediti fiscali a prezzi di saldo.
L'opzione della distribuzione del superbonus in 10 anni per consentire una migliore circolazione dei crediti ceduti
Preso atto delle difficoltà generali della circolazione dei crediti da Superbonus, con il citato comma 4 il governo ha dato la possibilità al cessionario di distribuire in 10 anni i crediti non ancora utilizzati derivanti da cessioni avvenute entro il 31 ottobre 2022; in questo modo si è concesso alla impresa edile o al cessionario un periodo più lungo per poter compensare questi crediti fiscali incagliati.
Il risultato, com'è intuitivo, è stato la riduzione delle quote annuali (di pari importo) del Superbonus da impiegare in compensazione, evitando di creare eccedenze antieconomiche. In pratica, allungare i tempi in cui si può recuperare un bonus fiscale potrebbe sembrare per il cessionario uno svantaggio più che un vantaggio, perché si aumenta il periodo di rientro finanziario della spesa, ma nel caso di specie è sembrata l'unica soluzione per rendere di nuovo appetibile alle banche ed alle imprese di costruzione il mercato delle cessioni dei Superbonus. Inoltre, non va trascurato che si tratta comunque di un prolungamento opzionale da parte del cessionario o della azienda edile, che opterà per tale scelta solo quando ne ha la necessità, rimanendo sempre valido l'ammortamento accelerato entro il 2026 per chi si trova nelle condizioni economiche di avere redditi capienti da compensare. A tal fine, il cessionario o il fornitore dovrà solamente effettuare l'invio di una comunicazione all'Agenzia delle Entrate in cui si manifesta l'opzione.