martedì 22/11/2022 • 06:00
La Cassazione, nella pronuncia 3 novembre 2022 n. 32369, precisa che se la fattura non è redatta in conformità all’art. 21 DPR 633/1972, l’Ufficio dovrà comunque riconoscere la detrazione IVA se il contribuente fornisca ulteriore documentazione integrativa.
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Se la fattura risulta irregolare, in quanto non redatta in conformità ai requisiti prescritti dall'art. 21 DPR 633/1972, verrà meno la presunzione di veridicità siccome quanto rappresentato la rende inidonea a costituire titolo per il contribuente ai fini della detrazione IVA (Cass. 9912/2020). Ma il Fisco, in caso di genericità del documento fiscale, dovrà tener conto anche di eventuali altri documenti, messaggi o informazioni forniti dal soggetto passivo. Cosicché la fattura generica (quindi irregolare) impedisce la detrazione IVA a meno che il contribuente non supplisca a ciò fornendo altri documenti all'Ufficio.
Detrazione IVA e fattura: il punto della CGUE
La Corte di Giustizia (Barlis 06 – Investimentos Imobiliàrios e Turìsticos SA, C-516/14, sentenza del 15 settembre 2016), nell'esaminare le condizioni formali di esercizio del diritto di detrazione dell'imposta, ha considerato che la normativa unionale prescriva l'obbligatorietà dell'indicazione dell'entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, p. 6, Direttiva IVA 2006/112/CE), nonché della specificazione della data (art. 226, p. 7), in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi. Tutto ciò al fine di consentire alle amministrazioni finanziarie di controllare l'assolvimento dell'imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione IVA. Senz'altro l'Amministrazione finanziaria non potrà limitarsi all'esame della sola fattura, ma dovrà tener conto anche delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo, come previsto dall'art. 219 Direttiva IVA 2006/112/CE che va ad assimilare ad una fattura tutti i documenti o messaggi che modificano e fanno riferimento in modo specifico e inequivocabile alla fattura iniziale. Incombe infatti su colui che chiede la detrazione dell'IVA l'onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne e, per conseguenza, di fornire elementi e prove, anche integrativi e succedanei rispetto alle fatture che l'amministrazione ritenga necessari per valutare se si debba riconoscere, o no, la detrazione richiesta.
Tale indirizzo è stato poi confermato anche in successive pronunce (Ferimet, C-281/20, Sentenza dell'11 novembre 2021) ove i giudici unionali hanno rimarcato il fatto che, da un lato, l'amministrazione fiscale non possa limitarsi all'esame della sola fattura, tenendo conto delle informazioni complementari fornite dal soggetto passivo. Dall'altro, incombe su quest'ultimo, che chiede la detrazione dell'IVA, l'onere di dimostrare di soddisfare le condizioni per fruirne (CGUE, Vădan, C‑664/16, sentenza del 21 novembre 2018). Le autorità tributarie potranno dunque esigere dal contribuente stesso le prove che esse ritengano necessarie per valutare se debba concedersi o meno la detrazione richiesta.
La fattura generica consente la detrazione dell'IVA?
Un tema assai delicato riguarda la possibilità (o meno) di detrarre l'IVA se il documento fiscale risulta generico. Di recente la Cassazione (9912/2020) aveva sancito come una fattura che abbia un contenuto vago ed un inquadramento cronologico indefinito si palesi irregolare in quanto non consente d'identificare l'oggetto della prestazione siccome il documento fiscale deve indicare la natura, la qualità e la quantità, nonché deve rispondere alle finalità di trasparenza e conoscibilità proprie dell'art. 21 dpr 633/1972, funzionali alle attività di controllo e verifica dell'Amministrazione finanziaria. Sarà così inidonea a fondare la presunzione di veridicità di quanto rappresentato ed a costituire titolo per il contribuente ai fini del diritto alla deduzione dei costi ed alla detrazione IVA.
Se da un lato troviamo una visione assai intransigente che vieta la detrazione IVA in caso di fattura generica, dall'altro emerge un indirizzo consolidato più morbido per il contribuente.
Infatti sebbene l'irregolarità della fattura, non redatta in conformità ai requisiti prescritti dall'art. 21 del DPR 633/1972, faccia venire meno la presunzione di veridicità di quanto rappresentato nella stessa, ai fini della verifica del diritto alla detrazione del relativo costo l'amministrazione finanziaria deve tenere conto anche di eventuali altri documenti, messaggi o informazioni complementari forniti dal soggetto passivo (Cass. 14858/2018; 22940/2018; 313/2021).
Di conseguenza il contribuente, in caso di contestazione da parte dell'Ufficio, è tenuto a dimostrare anche la coerenza economica dei costi rispetto ai ricavi o all'oggetto dell'impresa, potendo integrare il contenuto generico della fattura con idonei elementi di prova.
Fatti di causa
La CTP rigettava il ricorso della contribuente avverso l'accertamento con il quale l'Ufficio contestava l'indetraibilità dell'IVA e l'indeducibilità delle imposte dirette, in relazione a delle fatture, per l'estrema genericità delle indicazioni riportate nei documenti fiscali. La CTR, in parziale accoglimento dell'appello della contribuente affermava che l'indicazione generica, contenuta nelle fatture emesse da terzo soggetto (“prestazioni per vostro conto”) considerata isolatamente nella sua estrema genericità non appariva conforme ai criteri di legge e tuttavia i dati oggettivamente mancanti nelle fatture erano del tutto integrabili con l'ulteriore documentazione in possesso della società, in particolare, con riferimento al contratto di collaborazione con la terza ed al registro con i nominativi delle pratiche evase. Veniva così proposto ricorso in cassazione dall'Agenzia delle entrate. I giudici di legittimità aderivano all'indirizzo già formatosi sul punto (Cass. 22940/2018), in base al quale sebbene la fattura risulti irregolare, per la verifica del diritto alla detrazione del relativo costo l'amministrazione finanziaria deve tenere conto anche di altra documentazione o informazioni fornite dal soggetto passivo che, nella vicenda in esame, rendevano ragionevolmente credibile che si trattava di fatture emesse dalla terza società per il recupero stragiudiziale del credito.
La Cassazione rigettava così il ricorso dell'Ufficio.
Fonte: Cassazione 3 novembre 2022 n. 32369
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