La Corte di Cassazione, con la sentenza del 15 novembre 2022 n. 43238, analizza l'evoluzione della normativa sulle omesse ritenute.
L'omesso versamento di ritenute da parte del sostituto era previsto dall'art. 2 DL 429/82 che, nel suo testo originario, contemplava espressamente come condotta delittuosa il fatto di non versare all'Erario le ritenute effettivamente operate, a titolo di acconto o di imposta, sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori. Tale previsione veniva tuttavia soppressa dall'art. 25 lett. d D.Lgs. 74/2000, rilevando tale condotta omissiva solo come illecito di carattere amministrativo, attesa la espressa scelta del legislatore di eliminare una figura criminosa che si caratterizza, né più né meno, come mero inadempimento di un debito, sia pure nei confronti dello Stato, non caratterizzato da alcuna componente di tipo fraudolento.
Il fatto tornava però a riacquistare le caratteristiche di illecito penale con l'art. 1 c. 414 L. 311/2004, che provvedeva a inserire nell'impianto normativo del D.Lgs. 74/2000, l'art. 10-bis dal titolo omesso versamento di ritenute certificate, venendo questa volta, infatti, sanzionato l'omesso versamento, unicamente ove riguardante ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo di imposta.
Tale norma è stata infine modificata per effetto dell'art. 7 D.Lgs. 158/2015, venendo per effetto di tale riforma punito chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta.
A parte l'innalzamento della soglia della rilevanza penale, l'elemento differenziale nelle due versioni della norma consiste nel fatto che, mentre in quella ante 2015 si faceva riferimento alle sole ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti (quindi la certificazione unica CU), dal 2015 la norma opera anche, ed alternativamente, il riferimento alle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione (cioè quella annuale del sostituto, e, quindi, il Modello 770).
La revisione della norma è dunque consistita nella integrazione della rubrica dell'articolo (passata da omesso versamento di ritenute certificate a omesso versamento di ritenute dovute o certificate).
L'oggetto materiale della condotta omissiva sanzionata, dapprima limitata alle sole ritenute che risultavano dalla certificazione, è stata quindi estesa alle ritenute emergenti dalla dichiarazione Modello 770, per cui, alla luce di tale modifica, si è posto nella giurisprudenza di legittimità il quesito sulla sufficienza, per i soli fatti precedenti alla novella del 2015, della dichiarazione Modello 770 del sostituto a dimostrare l'avvenuto rilascio ai sostituiti delle certificazioni, ciò a fronte della necessità di considerare tale rilascio, se non quale elemento costitutivo del reato, quanto meno di suo presupposto.
Di qui l'intervento della richiamata sentenza delle Sezioni Unite del 1° giugno 2018 n. 24782, secondo cui, con riferimento alla normativa previgente alla modifica intervenuta nell'anno 2015, deve essere esclusa la idoneità del solo Modello 770, a provare l'elemento, da considerare presupposto del reato, del rilascio delle certificazioni, ciò in base al rilievo secondo cui le indicazioni contenute nel Modello 770 non sono da sole idonee a provare il fatto del rilascio delle certificazioni, ma occorre che il pubblico ministero ricerchi elementi ulteriori e diversi (orali, come ad esempio le dichiarazioni dei sostituiti, o documentali) rispetto alla sola dichiarazione Modello 770.
Fonte: Cass. 15 novembre 2022 n. 43238