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giovedì 10/11/2022 • 06:00

Lavoro Licenziamento disciplinare

Giudizio di sussunzione, quando la fattispecie concreta si scontra con il CCNL

La Corte di Cassazione con sentenza del 28 ottobre 2022  n. 31908, torna a giudicare un caso connesso ad un licenziamento disciplinare, fondato sulla condotta di una lavoratrice che si collocherebbe in contrasto con le direttive aziendali e con le previsioni del CCNL applicato.

di Dario Ceccato - Consulente del lavoro - Ceccato Tormen & Partners

di Fabiola Giornetta - Consulente del lavoro - Ceccato & Tormen Partners

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  • Tempo di lettura 8 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione

Nello specifico, con atto dell’aprile 2013, Poste Italiane licenziava una dipendente per ragioni disciplinari riconducibili, ad avviso del datore di lavoro, ai dettami del CCNL POSTE S.P.A. - ENTE POSTE ITALIANE (contratto collettivo per il personale dipendente del gruppo Poste Italiane S.p.a.) in materia di provvedimenti disciplinari (art 53 del CCNL) e codice disciplinare (art 54 del CCNL).

In particolare il datore di lavoro poneva fine al rapporto senza preavviso, qualificando la condotta della lavoratrice come “connivente tolleranza di abusi commessi da dipendenti o da terzi” (art 54 comma 6° lett. a)).

Il caso risulta relativo ad un licenziamento disciplinare, fondato sulla condotta di una lavoratrice che si collocherebbe in contrasto con le direttive aziendali e con le previsioni del CCNL applicato.

Nello specifico le motivazioni originariamente addotte ai fini del licenziamento da parte datoriale erano le seguenti:

  1. aver effettuato illecite movimentazioni sul conto di un utente e avere assistito all’apposizione di firme non autentiche, ossia in assenza del beneficiario del conto postale, da parte di V.S. (impiegata con funzioni direttive e superiore gerarchica della licenziata);
  2. avere illegittimamente aperto un libretto di risparmio, cointestato a due utenti, non avendo questi ultimi mai autorizzato tale apertura;
  3. aver trattenuto all’interno dell’ufficio un buono fruttifero postale intestato ad altri due utenti;
  4. aver tenuto in giacenza all’interno dell’ufficio un assegno postale intestato “a me medesimo” ed emesso tre mesi prima da parte e in favore di un ulteriore cliente.

Si premette che il caso in trattazione è connotato dalla presenza di numerosi ricorsi e fasi di giudizio, con un secondo rinvio da parte della Suprema Corte alla Corte di appello (dapprima quella bolognese, ora quella fiorentina).

Il giudizio di sussunzione

È funzionale alla trattazione una precisazione: per sussunzione si intende la tecnica di ricomprendere un dato concreto (di esperienza o prassi) e di ricondurlo all’interno di una precisa disposizione teorica, facendone così derivare degli effetti giuridici.

Nel caso in questione, la condotta soggettiva doveva essere correlata alle previsioni degli artt. 53 co. 4, 54 comma 5° lett.d) e 54 comma 6° lett a) del CCNL POSTE S.P.A. - ENTE POSTE ITALIANE (le disposizioni sono state estratte dal CCNL vigente all’epoca del licenziamento, tuttavia si precisa che le medesime sono state lasciate immutate dalle parti sindacali, risultando pertanto identiche nell’ipotesi di accordo del 23/06/2021, con scadenza il 31/12/2023.)

Di seguito riportiamo le disposizioni citate:

  1. in ordine numerico riportiamo dapprima l’art. 53 comma 4, rubricato “provvedimenti disciplinari”:

“Nel rispetto del principio di gradualità e proporzionalità delle sanzioni e avuto riguardo alla gravità della mancanza, in conformità con quanto previsto nell’art.7 della legge n. 300 del 20 maggio 1970, l’entità di ciascuno dei suddetti provvedimenti sarà determinata in relazione:

  • alla intenzionalità del comportamento o al grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo anche alla prevedibilità dell’evento;
  • al concorso, nella mancanza, di più lavoratori in accordo tra loro;
  • al comportamento complessivo del lavoratore, con particolare riguardo ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio.”
  1. Art 54 comma 5° lett.d), rubricato “codice disciplinare”:

V. Si applica la sanzione disciplinare del licenziamento con preavviso per una delle seguenti mancanze:

d) per aver occultato fatti e circostanze relativi ad illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme o beni di spettanza o di pertinenza della Società o ad essa affidati;

  1. Art 54 comma 6° lett a):

VI. Si applica la sanzione disciplinare del licenziamento senza preavviso per una delle seguenti mancanze:

a) per illecito uso, manomissione, distrazione o sottrazione di somme, o beni di spettanza o di pertinenza della Società o ad essa affidati, o infine per connivente tolleranza di abusi commessi da dipendenti o da terzi.

I giudici hanno dovuto pertanto approfondire l’intenzionalità del comportamento perpetrato dalla ricorrente - valutazione che si inserisce, inevitabilmente, in una ricostruzione complessiva delle prassi presso la sede di lavoro. In particolare la condotta soggettiva è stata analizzata in termini dapprima di consapevolezza, da parte della ricorrente del comportamento illecito, e poi di connivenza e tolleranza dello stesso.

I motivi del ricorso per Cassazione erano tre ma il primo (poi oggetto di censura) merita una disamina a parte. In effetti la ricorrente ha rilevato il fatto che il giudice del rinvio (corte d’appello di Bologna), non si era “conformato ai principi dettati dal giudice di legittimità con duplice conforme pronuncia (sentenze n. 27238/2018 e 15111/2020)” e che pertanto, sempre la corte bolognese, non si era attenuta alla sola individuazione del regime di tutela applicabile, ossia al giudizio di sussunzione, avendo reiterato una pronuncia di illegittimità del licenziamento con applicazione della tutela forte sulla base di una nuova valutazione di merito non richiestale.

La Cassazione si pronuncia in accoglimento del primo motivo addotto dalla ricorrente e pertanto a cascata anche degli altri due. La Suprema Corte richiama quanto dalla stessa già affermato con sentenza n°27238/2018 e rinvia la sentenza alla Corte d’Appello di Firenze.

Nel merito, il primo motivo del ricorso verte in buona sostanza sul vizio di sussunzione, come considerato dalla Corte di Cassazione, che ha condotto la Corte d’Appello a non ricondurre i fatti “alle ipotesi previste dall’art. 54, comma 4, lett. j (abituale inosservanza di leggi e regolamenti) e lett. n (qualsiasi negligenza o inosservanza volta o procurare a sé o a terzi indebiti vantaggi) del c.c.n.I., punite con sanzione conservativa, ed ha ritenuto la condotta sussumibile nella previsione di cui all’art. 54, comma 6, lett. a) del contratto collettivo, che sanziona col licenziamento senza preavviso la “connivente tolleranza di abusi commessi da dipendenti o da terzi”. Ha poi valutato la sanzione espulsiva sproporzionata in relazione al concreto disvalore dei fatti addebitati”.

Il vizio di sussunzione del giudice del rinvio consta proprio, agli occhi della Corte di Cassazione, nell’aver ritenuto il fatto rientrante nei dettami dell’art 54 co. 6 lett. a) (licenziamento senza preavviso) quando questa disposizione presuppone la “connivente tolleranza” che risulta però incompatibile con l’affermazione (contenuta nella sentenza impugnata) di non consapevolezza dell’abuso.

La stessa Corte di merito aveva, infatti, mostrato fatti non sovrapponibili alla connivenza nell’altrui abuso. Quali:

  • il fatto che la lavoratrice risultava essere sottoposta gerarchicamente, pertanto non titolata per funzioni a controllare l’operato della sua superiore.
  • il fatto che i lavoratori itineranti utilizzassero l’accesso alla rete informatica dei colleghi.
  • spesso venissero utilizzati moduli prefirmati.

Peraltro la Suprema Corte ha rilevato come la valutazione da parte del giudice del rinvio (corte di Bologna), che ha portato a sostenere che la condotta corrispondesse a “consapevole tolleranza dell’altrui abuso”, non potesse essere perpetrata in quanto ormai preclusa dal dictum effettuato in sede di legittimità – rinviando ai giudici solamente una verifica della sussunzione del caso de quo rispetto alla contrattazione collettiva.

Conclusioni

La sentenza in commento risulta seconda rispetto ad una prima pronuncia già richiamata (n°27238 del 26 ottobre 2018).

Nel caso specifico la Cassazione aveva già rilevato l'errore di sussunzione nella previsione di cui all'art. 54, comma 6, lett. a) del c.c.n.l. del personale dipendente di Poste Italiane S.p.a., atteso che la connivenza (connivente tolleranza), richiesta dal contratto collettivo era logicamente incompatibile con l'affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, di non consapevolezza dell'altrui abuso.

Ciò non di meno, la fattispecie della sussunzione risulta di complessa ed articolata natura ed indagine.

In effetti, deve rilevarsi come siano due i giudizi fondamentali di competenza del Magistrato:

  1. da un lato, un giudizio di natura probatoria (o di fatto), che si svolge acquisendo le caratteristiche del fatto principale e stabilendo, mediante l’apprezzamento di una o più evidenze, se sia occorso un fatto così determinato;
  2. dall’altro lato, un giudizio sussuntivo (o di diritto), che si svolge tenendo presenti le suddette caratteristiche e stabilendo, mediante l’interpretazione di criteri giuridici e sulla base dell’esperienza, se esse realizzino le qualità di una fattispecie normativa;

In gioco, nell’accertamento del fatto, l’elemento intenzionale assume una rilevanza fondamentale, potendo da solo determinare, con giudizio sussuntivo, quale conseguenza o norma applicare. È bene dunque procedere ad una disamina di ogni fatto o considerazione dello stesso, prima di iniziare un percorso che potrebbe diventare tortuoso e complesso. 

Fonte: Cass. 28 ottobre 2022, n. 31908

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