martedì 08/11/2022 • 10:42
La cessione di terreni con unità collabenti è assoggettata ad aliquota IVA del 22%. È inoltre dovuta l’imposta di registro e l’imposta ipotecaria e catastale, in misura fissa pari a 200 euro ciascuna. È quanto stabilito dalla risposta dell’Agenzia delle Entrate del 7 novembre 2022 n. 554.
redazione Memento
Con la risposta del 7 novembre 2022 n. 554, l'Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in tema di imposte indirette in caso di cessione di terreni con unità collabenti. Nel dettaglio, la fattispecie riguarda un complesso immobiliare sul quale la società istante ha eseguito parziali interventi di demolizione. Allo stato attuale la proprietà è censita al catasto nella categoria F/2 - unità collabenti, tranne una particella censita come F/1 - aree urbane. Tali categorie catastali non rientrano in nessuna di quelle per le quali è prevista l'esenzione IVA dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell'art. 10 DPR 633/72. Secondo la Corte di Giustizia quando l'atto di cessione di un terreno, sul quale sorge un fabbricato destinato alla demolizione, prevede espressamente l'impegno a effettuare le prestazioni relative alle opere di demolizione, già iniziate all'atto della cessione, tale fattispecie integra un'operazione unica ai fini IVA, avente ad oggetto non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. In tale caso, la Corte ha dato rilievo al fatto che la demolizione fosse stata iniziata, prima della cessione, dal venditore, che si era assunto contrattualmente l'onere del completamento (C.Giust. UE 19 novembre 2009 C-461/08). Di contro, secondo la stessa Corte non può essere qualificata come cessione di terreno edificabile la cessione di un terreno che, al momento della vendita, incorpora un fabbricato pienamente operativo ma da demolire totalmente o parzialmente - secondo l'intenzione delle parti. In tal caso la demolizione risulta essere un'operazione economicamente indipendente rispetto alla vendita del suolo e non forma, con quest'ultima, un'unica operazione (C.Giust. UE 4 settembre 2019 C-71/18). In conclusione, per quanto sinora illustrato, si ritiene che la classificazione catastale del fabbricato al momento della cessione resta, in generale, il criterio di riferimento principale per applicare il regime di esenzione IVA previsto dai numeri 8-bis) e 8-ter) dell'art. 10 DPR 633/72, indipendentemente dalla destinazione di fatto, successiva alla vendita. Se quindi all'atto della cessione la proprietà è effettivamente inquadrabile nella categoria catastale F/2, in base a elementi oggettivi che ne certifichino lo stato di fatto, come una pertinente e databile documentazione fotografica nonché apposite perizie tecniche - possibilmente asseverate - che ne offrano una rappresentazione fedele anche dello status quo ante, tale operazione non rientra nel predetto regime di esenzione, bensì in quello ordinario di imponibilità con applicazione dell'IVA nella misura del 22%. Inoltre, tale ricostruzione non si pone in contrasto con quanto affermato dall'Agenzia delle Entrate, nella circolare 25 luglio 2022 n. 28/E, in tema di detrazioni per interventi di recupero del patrimonio edilizio, interventi finalizzati al risparmio energetico e superbonus, secondo cui le unità collabenti, pur trattandosi di categoria riferita a fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito, sono manufatti già costruiti e individuati catastalmente. Tali interventi sono finalizzati alla conservazione del bene e l'agevolazione spetta a condizione che gli stessi non debbano essere considerati come nuova costruzione. Considerato il trattamento IVA come sopra delineato e in virtù del principio di alternatività IVA/Registro, l'Agenzia delle Entrate ritiene che l'imposta di registro debba essere applicata nella misura fissa di euro 200. Nella stessa misura di euro 200 sono dovute l'imposta ipotecaria e l'imposta catastale. Fonte: Risp. AE 7 novembre 2022 n. 554
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