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martedì 08/11/2022 • 06:00

Fisco Superbonus

Sequestrabili i crediti inesistenti al cessionario estraneo al reato

La Cassazione, con le decisioni del 28 ottobre 2022 n. 40866, 40867 e 40869, ha affermato la legittimità del sequestro preventivo/impeditivo sui crediti d’imposta da superbonus 110% inesistenti anche nei confronti dell’intermediario finanziario, cessionario del credito d’imposta considerato persona offesa dal reato, trattandosi di “cosa pertinente al reato”. 

di Alessia Vignoli - Avvocato cassazionista, professore associato Tor Vergata

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  • Tempo di lettura 5 min.
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Legittimità del sequestro sul credito d'imposta del terzo estraneo

La terza sezione penale della Corte di Cassazione con una serie di decisioni (Cass. 28 ottobre 2022 n. 40866, Cass. 28 ottobre 2022 n. 40867 e Cass. 28 ottobre 2022 n. 40869) conferma in maniera decisa la possibilità di adottare misure cautelari preventive sui crediti d'imposta da superbonus edilizio 110% di cui al DL 34/2020 anche nei confronti del terzo (cessionario) estraneo al reato.

La Corte arriva a questa conclusione sulla base di una serie di argomentazioni; innanzitutto enfatizzando le caratteristiche del sequestro impeditivo come misura cautelare preventiva in cui rileva il collegamento tra il reato e la cosa oggetto del sequestro e non con il suo autore. Il collegio nega poi la portata novativa alla cessione del credito rispetto all'originario diritto alla detrazione ed, infine, ritiene irrilevante la buona fede del cessionario.

In particolare, quanto al primo profilo, il provvedimento della cui legittimità si discute è un decreto di sequestro preventivo emesso ai sensi dell'art. 321 c. 1 c.p.p. motivato dal pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso, o agevolare la commissione di altri reati (certamente non in capo al destinatario del provvedimento di sequestro, persona come detto riconosciuta estranea al reato).

Detto provvedimento richiede, come evidenziato dalla Corte che richiama infatti l'art. 321 c. 1 c.p.p., la prova di un generico legame pertinenziale tra la res e il reato, ossia un collegamento più ampio di quello previsto nel successivo c. 2 della medesima disposizione, che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate anche in via mediata ed indiretta alla fattispecie criminosa.

I crediti in questione, sequestrati alla ricorrente, vengono dunque considerati cosa pertinente al reato, rigettando decisamente la tesi della ricorrente secondo cui una volta rinunciato al diritto alla detrazione in favore della cessione del credito si realizzerebbe una sorta di effetto novativo rispetto all'originario diritto alla detrazione.

La ricorrente sosteneva, infatti, che il credito sorgerebbe ex novo in capo al cessionario depurandosi da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione. Questa tesi, che considera il credito ceduto come "garantito" dallo Stato a tutela del cessionario, anche di fronte ad un assoluto difetto di presupposti, non è però condivisa dal Collegio perché priva del benché minimo supporto normativo.

Il credito d'imposta come cosa pertinente al reato

Nella sentenza si legge che nel ricorso il cessionario si sofferma lungamente sul fatto che il credito in questione sorgerebbe nel momento in cui il beneficiario (cioè colui che ha commissionato il lavoro) esercita l'opzione per la cessione, in luogo della detrazione diretta o del cosiddetto sconto in fattura.

In base a tale impostazione, nel caso di insussistenza dei requisiti per accedere all'agevolazione fiscale, gli effetti pregiudizievoli sorgerebbero esclusivamente in capo al beneficiario del Superbonus, ossia a colui che sostiene le spese, mentre il cessionario (come la ricorrente), risponderebbe, invece, soltanto per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto, oppure nell'ipotesi di concorso nella violazione compiuta dal cedente, da accertare secondo gli ordinari criteri penalistici.

La Corte rigetta però totalmente tale impostazione contestando in maniera puntuale i possibili appigli normativi ipotizzati dalla ricorrente e ciò pur riconoscendo la ratio del provvedimento in questione individuata nella necessità di tutelare gli operatori economici protagonisti della circolazione di nuove risorse economiche immesse nel mercato come stimolo per riprendersi dalla pandemia.

Come evidenziato dalla Corte il meccanismo del superbonus edilizio, così come delineato dal legislatore, prevede due ipotesi (la cessione del credito e lo sconto in fattura) tra cui scegliere per poter in qualche modo “monetizzare” il diritto alla detrazione, consentendo altresì la sua cessione; tuttavia anche queste possibilità sono e restano comunque collegate all'originario diritto e alle caratteristiche di esso.

Sulla base di tale collegamento il Collegio ha infatti ritenuto che i crediti in questione e di cui si contesta l'inesistenza (e su questo non pare sia stata ipotizzata alcuna difesa) devono essere considerati “cosa pertinente al reato” e con ciò sottoponibili a sequestro preventivo/impeditivo indipendentemente dalla situazione soggettiva di buona fede del cessionario che nel caso di specie è in re ipsa essendo stata specificamente qualificata come persona offesa dal reato.

 

Fonte: Cass. 28 ottobre 2022 n. 40866

Cass. 28 ottobre 2022 n. 40867

Cass. 28 ottobre 2022 n. 40869

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