X

Homepage

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • Info dagli ordini
  • Podcast
  • Video
  • Rassegna stampa
  • Archivio ultime edizioni
  • Il mio archivio

Scopri i nostri servizi esclusivi

Registrati alla Newsletter

Iscriviti al canale WhatsApp

Segui il canale Spotify

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
Altro
  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • ARGOMENTI
  • scambi intraUE
Altro

lunedì 31/10/2022 • 06:00

Fisco Frodi comunitarie

Luogo di imposizione in caso di frode all’IVA con una catena di operazioni

Con la sentenza C-641/21 del 27 ottobre 2022, la Corte di Giustizia UE propone una interessante novità relativamente all'azione di contrasto alle “frodi comunitarie”: “il luogo di una prestazione di servizi non può essere modificato, in violazione dell'art. 44 della direttiva 2006/112/CE, neanche quando l'operazione considerata è viziata da frode IVA”.

di Massimo Fabio - Avvocato, KPMG

di Carmen Raso - Avvocato, KPMG

+ -
  • Tempo di lettura 7 min.
  • Ascolta la news 5:03

  • caricamento..

La Corte ha stabilito che, nel caso di una prestazione di servizi fornita da un soggetto passivo stabilito in uno Stato UE a un soggetto passivo stabilito in un altro Stato UE, le autorità del primo Stato non possono ritenere che il luogo della prestazione (situato, ai sensi della direttiva IVA, in tale altro Stato membro) sia situato nel primo Stato membro se il prestatore sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a una frode IVA commessa dal destinatario della prestazione nell'ambito di una catena di operazioni.

È appena il caso di richiamare cosa comprenda la “frode comunitaria”. Una precisa indicazione delle fattispecie che possono integrare tale nozione fu introdotta dalla Risoluzione del Consiglio del 6 dicembre 1994 sulla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità, in base alla quale furono annoverati in tale concetto “tutti gli atti o le omissioni intenzionali che causano un danno per il bilancio delle Comunità o per i bilanci gestiti da esse o per loro conto e che implicano, da un lato, appropriazione indebita, detenzione illecita e distrazione dei fondi e, dall'altro, un'indebita diminuzione delle entrate”.

Nel contesto nazionale, alle operazioni c.d. “frodi carosello” sono ricondotte le fattispecie criminose di cui agli artt. 2 e 8 D.Lgs. 74/2000, rispettivamente “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, ed “emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.

La fattispecie più ricorrente concerne la vendita di prodotti o servizi da parte di una società “interposta” (che ha acquistato gli stessi da fornitore intraUE, quindi senza applicazione dell'IVA) alla società “interponente” (reale interessata all'acquisto dei prodotti).

Dal momento che la successiva operazione di vendita si perfeziona sul territorio italiano, la fattura dell'interposto contempla anche l'IVA, che l'interponente versa all'interposto, permettendogli di andare a credito. La società interposta scompare, senza provvedere al versamento dell'IVA a debito relativa alla vendita effettuata nei confronti dell'interponente.

Vale evidenziare che le ipotesi di reato previste dalla normativa nazionale, recate agli artt. 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000, non prevedono alcuna soglia di punibilità, con ciò integrando la fattispecie indipendentemente dal valore delle fatture.

Nella causa C-641/21, la domanda pregiudiziale sottoposta alla Corte di giustizia dell'Unione europea ai sensi dell'art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) verte sull'interpretazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, nella versione della Dir. 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008.

Tale domanda è stata presentata nell'ambito di una controversia che oppone una società all'amministrazione tributaria tedesca in merito alla determinazione del luogo della prestazione di servizi nel caso di operazioni di cessione di quote di emissioni di gas serra utilizzate per evasioni di IVA.

La società che offre servizi di trading spot EUA e CER sia su scambi ambientali che tramite partner OTC è stabilita in Austria, e le sue attività sono soggette all'imposta sul valore aggiunto in tale Stato membro.

Nel caso concreto, la società dal 1° aprile al 20 aprile 2010 trasferiva quote di emissioni di gas a effetto serra ad una società, denominata anche “buffer” (ovvero partecipante a una frode carosello dell'Iva), con sede in Germania (Amburgo).

Il 27 gennaio 2012 l'Ufficio delle imposte tedesco (Finanzamt) emetteva un avviso di accertamento dell'imposta sul valore aggiunto relativo al 2010, in cui classificava i trasferimenti a titolo oneroso delle quote di emissione di gas a effetto serra effettuati dalla società austriaca alla società tedesca come cessioni di beni imponibili e non invece esenti.

In particolare, l'Ufficio finanziario riteneva che la società tedesca, qualificata come “missing trader”, fosse coinvolta in un carosello volto a frodare l'Iva, precisando che il gruppo austriaco avrebbe dovuto essere a conoscenza che le sue operazioni sarebbero state condotte al fine di aggirare l'imposta.

Il 27 febbraio 2012, la società proponeva ricorso contro l'avviso di accertamento anzidetto dinanzi al tribunale federale delle finanze austriaco (il Bundesfinanzgericht).

La domanda, tuttavia, veniva respinta dalle Autorità competenti che, sebbene confermassero che le quote vendute alla società tedesca erano state utilizzate a scopi fraudolenti di evasione dell'IVA, qualificavano i trasferimenti di quote di emissione di gas come “prestazioni di servizi” e non come “forniture di beni”.

Pertanto, il giudice in assonanza con quanto anzidetto rilevava l'imponibilità di tali servizi in Germania e non in Austria.

La società impugnava la decisione dinanzi alla Corte federale delle finanze (Bundesfinanzgericht) che sospendeva il procedimento sottoponendo alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

“se la direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, nella versione della direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, debba essere interpretata nel senso che le autorità nazionali amministrative e giurisdizionali devono considerare il luogo di una prestazione di servizio, che formalmente, secondo la normativa, è in un altro Stato membro nel quale si trova la sede del destinatario, come situato a livello nazionale, se il prestatore nazionale del servizio, soggetto passivo, avrebbe dovuto sapere che la prestazione di servizi resa partecipava all'evasione dell'imposta sul valore aggiunto commessa nell'ambito di una catena di servizi”.

Le valutazioni della Corte Ue

Sulla questione la Corte Ue, in via preliminare, rammenta che le operazioni di trasferimento a titolo oneroso di quote di emissioni di gas a effetto serra devono essere qualificate come prestazioni di servizi e non come forniture di beni e che, ai sensi dell'art. 44 Dir. 2006/112/CE il luogo in cui i servizi sono prestati ad un soggetto passivo coincide con la sede della sua attività economica.

Nondimeno, se taluni servizi sono offerti a una stabile organizzazione del soggetto passivo posta in un luogo diverso da quello in cui è fissata la sede dell'attività economica, il luogo di tali prestazioni è da ricercare nel luogo del domicilio o residenza abituale del soggetto passivo destinatario di tali servizi.

I Giudici unionali sono stati chiamati ad accertare l'applicabilità dell'articolo 44 della direttiva IVA anche nelle ipotesi di frode sull'IVA.

A tal riguardo, la Corte richiamando costante giurisprudenza, nega il diritto all'esenzione per una cessione intracomunitaria nelle ipotesi di frode fiscale o abuso sia se commessa dal soggetto passivo stesso e sia nella circostanza in cui quest'ultimo era a conoscenza o avrebbe dovuto sapere del suo coinvolgimento nell'evasione di IVA (cfr. sentenze del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, del 6 settembre 2012, Mecsek-Gabona, C-273/11).

In definitiva, la posizione ora assunta dalla Corte di giustizia impone una riflessione circa la necessità di adeguare il sistema sanzionatorio degli stati membri perché recepisca un principio consolidato nella giurisprudenza secondo il quale viene sanzionato il soggetto passivo – comunque attore nel carosello - ove sia dimostrato dall'autorità fiscale che questi “sapeva o avrebbe dovuto sapere” di partecipare, nella veste di acquirente o venditore, ad operazioni fraudolente.

Fonte: CGUE 27 ottobre 2022 n. C-641/21

Contenuto riservato agli abbonati.
Vuoi consultarlo integralmente? Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.
Quotidianopiù è anche su WhatsApp! Clicca qui per iscriverti gratis e seguire tutta l'informazione real time, i video e i podcast sul tuo smartphone.

© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Registrati gratis

Per consultare integralmente tutte le news, i podcast e i video in materia di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale, la rassegna stampa del giorno e ricevere quotidianamente la tua newsletter

Iscriviti alla Newsletter

Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

Funzionalità riservata agli abbonati

Per fruire di tutte le funzionalità e consultare integralmente tutti i contenuti abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.

Trovi interessante questo video?

Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.

Ricerca Vocale

Clicca sul microfono per cominciare a registrare il messaggio.

“ ”