Nell'ambito di una procedura di amministrazione straordinaria, è compensabile il credito IVA generato dalle fatture delle prestazioni professionali, ma soltanto laddove credito e debito siano anteriori all'apertura della procedura stessa.
L'Agenzia delle Entrate ha fornito una Risposta in tema di fatturazione delle prestazioni professionali e di compensazione del credito erariale verso la massa con il debito tributario verso il fallito.
Secondo il Fisco, il professionista che si insinua al passivo nell'ambito di una procedura concorsuale, è portatore di un credito complessivo per prestazioni professionali, composto da imponibile ed imposta sul valore aggiunto, elementi strettamente collegati tra loro da un nesso inscindibile. Ne consegue che se il piano di riparto, approvato dal giudice fallimentare, dispone il pagamento parziale del credito riguardante le prestazioni professionali rese ante fallimento, ancorché lo stesso faccia riferimento alla sola voce imponibile iscritta tra i crediti privilegiati, sotto il profilo fiscale, i professionisti emetteranno fattura per un importo complessivo pari a quello ricevuto dal curatore, dal quale andrà scorporata l'Iva relativa.
Se l'importo liquidato dal giudice fallimentare risulta inferiore all'ammontare complessivo del credito professionale, comprensivo dell'IVA, il professionista al momento dell'emissione della fattura deve ridurre proporzionalmente la base imponibile e la relativa imposta.
La detraibilità dell'imposta è consentita soltanto a condizione e nella misura in cui la componente IVA delle fatture in esame sia stata correttamente ricalcolata in conformità alle indicazioni di prassi, e cioè attraverso lo scorporo dell'imposta dall'importo complessivo che i professionisti hanno ricevuto dal commissario straordinario.
Diversamente, l'esercizio del diritto alla detrazione verrà ammesso solo previa "rettifica" da parte dei professionisti delle fatture emesse o, in alternativa, a seguito di regolarizzazione da parte del commissario straordinario delle fatture irregolari ricevute.
Il Fisco ha ricordato che la norma impone che i creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento. Ai fini di individuare l'esatto ambito applicativo della norma, appare dirimente distinguere le posizioni debitorie e creditorie riconducibili alle operazioni svolte da e nei riguardi del fallito, rispetto a quelle sorte in occasione o in funzione della procedura concorsuale. La compensazione contemplata dalla norma opera, infatti, se eccepita, esclusivamente con riferimento alle posizioni debitorie e creditorie riconducibili al fallito e, dunque, "generate" in un momento antecedente alla data di apertura della procedura concorsuale.
Affinché possa operare la compensazione è dunque necessario che ricorra l'anteriorità , rispetto alla data di apertura della procedura concorsuale, del fatto genetico dei rispettivi debiti e crediti ed il rapporto di reciprocità tra le contrapposte obbligazioni. A tal fine, non rileva il momento in cui l'effetto compensativo si produce, né che il credito vantato dal fallito sia divenuto liquido ed esigibile successivamente all'apertura della procedura.
Secondo l'Agenzia, il credito IVA recato dalle fatture emesse dai professionisti in occasione del riparto - una volta correttamente rideterminato nella sua misura - può essere compensato con i debiti tributari della procedura ai sensi dell'art. 17 D. Lgs. 241797, fatto salvo il procedimento civilistico a tutela della "par condicio creditorum". In alternativa, resta salva la facoltà di chiedere il rimborso del credito IVA al verificarsi dei presupposti di cui all'art. 30 Decreto IVA.
FONTE: Risp. AE 19 ottobre 2022 n. 521