lunedì 17/10/2022 • 12:04
La Corte di Cassazione, con ordinanza 14 ottobre 2022 n. 30236, afferma la possibilità di riconoscere la subordinazione del rapporto di lavoro di un socio di cooperativa facendo ricorso a criteri distintivi sussidiari all’esercizio del potere direttivo: in quali casi?
redazione Memento
La Corte di Cassazione, con Cass. ord. 14 ottobre 2022 n. 30236, riferendosi al rapporto di lavoro di un socio di cooperativa, afferma che per accertarne la subordinazione si possa fare ricorso a criteri distintivi sussidiari all'esercizio del potere direttivo, quando: la prestazione di lavoro sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione; il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo. Tali elementi sussidiari, rinvenibili nella continuità, nella durata del rapporto e nelle modalità di erogazione del compenso, nella regolamentazione dell'orario, nella presenza di una seppur minima organizzazione imprenditoriale, nell'eventuale assunzione di un rischio d'impresa con effettivo controllo sulla gestione aziendale, nella sussistenza di un autentico potere di auto-organizzazione in capo al prestatore, devono essere valutati nella loro vicendevole interazione. Il regime previdenziale e fiscale dei compensi non ha carattere risolutivo ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. Il caso concreto Il giudizio trae origine dal ricorso proposto da una società cooperativa al Tribunale di Milano, allo scopo di accertare l'inesistenza del credito vantato dall'INPS (pari a € 44.751,14) a titolo di finanziamento per il Fondo di solidarietà residuale per le annualità 2016/2017 (art. 3 L. 92/2012). Il Tribunale aveva respinto il ricorso ravvisando, in linea con altri precedenti, la natura subordinata dei rapporti di lavoro dei soci della cooperativa, sulla base delle denunce a fini contributivi presentate dalla società. Secondo la società che propone ricorso, il Giudice di primo grado avrebbe omesso di riscostruire le concrete modalità di attuazione dei rapporti di lavoro in oggetto, valorizzando esclusivamente la circostanza del regime previdenziale applicato ai compensi dei soci. La società, infatti, asserisce che, nel caso di specie, sussisterebbero gli estremi per un contratto di lavoro mutualistico di natura atipica, non riconducibile alla subordinazione. Il parere della Cassazione 1. Quando sorge l'obbligo contributivo? La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, delinea in primo luogo quando effettivamente sorga l'obbligo contributivo al Fondo di solidarietà residuale. Ai fini dell'insorgenza dell'obbligo contributivo al Fondo, è necessario l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro. Per i soci di cooperativa, il fatto che il rapporto di lavoro si affianchi al rapporto associativo, a sua volta contraddistinto dalla partecipazione al rischio d'impresa, non esclude che, all'interno dell'organizzazione societaria, si possa rinvenire insieme al contratto di partecipazione alla comunità quello commutativo di lavoro subordinato. La Legge, infatti, prevede la possibilità per il socio di stabilire, con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto di lavoro associativo, un ulteriore rapporto di lavoro anche in forma subordinata (art. 1, c. 3, L. 142/2001). 2. Quale contribuzione deve essere versata? Nel caso concreto, la società cooperativa, nelle comunicazioni obbligatorie, ha: qualificato i rapporti di lavoro in termini di subordinazione, versando i relativi contributi; applicato il CCNL dei dipendenti delle piccole e medie imprese esercenti i servizi delle pulizie. La società cooperativa, come emerge dagli atti, ha optato per il regime previdenziale caratteristico del lavoro dipendente: tale opzione è onnicomprensiva, includendo anche il versamento dell'aliquota al Fondo di solidarietà residuale, senza possibilità di scindere gli aspetti del regime prescelto. Tuttavia, nonostante ciò, la Corte afferma che la contribuzione dovuta deve essere, in ogni caso, quella del rapporto di lavoro effettivamente prestato: il regime previdenziale e fiscale dei compensi non ha carattere risolutivo ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. 3. L'accertamento della subordinazione Secondo la Corte, come rilevato dalle indagini del Giudice d'appello, in concreto si riscontrano gli elementi tipici della subordinazione: decisivo è, dunque, l'effettivo atteggiarsi del rapporto. Nel caso concreto, i soci: svolgono prestazioni di pulizia e facchinaggio; percepiscono una retribuzione oraria; non apportano attrezzature e materiali propri; non compiono investimenti economici di sorta, ma si limitano a porre le proprie energie lavorative a disposizione della società che li ricompensa in proporzione alla durata delle prestazioni svolte. Secondo la Corte, l'assenza di esercizio del potere direttivo e disciplinare da parte del datore di lavoro non denota di per sé la natura autonoma del rapporto. I normali indici della subordinazione sono, infatti, inapplicabili allorché la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione. Ai fini della qualificazione in termini di autonomia o di subordinazione dell'ulteriore rapporto di lavoro che il socio di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo, il nomen iuris attribuito in linea generale e astratta nel regolamento che definisce l'organizzazione del lavoro dei soci e la peculiarità del rapporto mutualistico connesso a quello di lavoro, pur configurandosi come elementi necessari di valutazione, non rivestono portata dirimente. Occorre quindi dare prevalenza alle concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro. Le conclusioni della Corte Nel respingere il ricorso, la Corte, secondo quanto illustrato, afferma che, per accertare la subordinazione sia necessario fare ricorso a criteri distintivi sussidiari quali la continuità, la durata del rapporto e le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell'orario, la presenza di una seppur minima organizzazione imprenditoriale, l'eventuale assunzione di un rischio d'impresa con effettivo controllo sulla gestione aziendale, la sussistenza di un autentico potere di auto-organizzazione in capo al prestatore, quando: la prestazione di lavoro sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione; il criterio rappresentato dall'assoggettamento del prestatore all'esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, significativo. Tali elementi devono essere valutati nella loro vicendevole interazione. Fonte: Cass. ord. 14 ottobre 2022 n. 30236
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