Si chiama “Play Sustainability” il programma nato dalla collaborazione tra l'istituto di ricerca bolognese NOMISMA e la Fondazione Nazionale di ricerca dei commercialisti, che ha lo scopo di consolidare la cultura della sostenibilità tra i professionisti e trasmettere l'urgenza del processo di transizione ecologica, oltre a veicolare il valore degli strumenti ESG per valutazioni più efficaci e con minor rischio.
Il programma rappresenta il tema centrale, almeno nella giornata del 14 ottobre, del convegno nazionale dei dottori commercialisti in programma a Bologna, con la presentazione dei risultati della prima release dell'Osservatorio annuale che fa luce sulle scelte e gli investimenti suggeriti dai professionisti alle imprese, nel processo di transizione verso la sostenibilità.
L'indagine è stata sottoposta a un campione di 1.162 professionisti iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e operanti su tutto il territorio nazionale, ponendo l'attenzione sugli ambiti consulenziali offerti ai propri clienti dai commercialisti, al fine di verificare quanto presidiare l'ambito della sostenibilità rappresenti un elemento strategico per la categoria. I dati sono allarmanti e si misurano dalle percentuali riferite ai servizi che i commercialisti offrono alle proprie imprese clienti.
Consulenza strategica e consulenza finanziaria sono servizi non ancora pienamente diffusi, essendo offerti alle imprese clienti rispettivamente dal 33% e dal 24% degli studi. Si registra a tal proposito un ulteriore ed evidente gap generazionale, in considerazione del fatto che, tra gli intervistati, solamente gli under 40 sono più orientati a offrire questo tipo di servizi ai propri clienti. Ancora più allarmanti sono le percentuali riferite ai servizi di consulenza su tematiche legate alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance e di cui solamente il 9% sul totale degli studi di commercialisti presta assistenza. Sebbene il 44% degli intervistati ritenga che presidiare l'ambito della sostenibilità ambientale, sociale e di governance rappresenti un elemento chiave per il proprio studio e per la professione del commercialista in generale, la quasi totalità (94%) dei commercialisti dichiara di non essere sufficientemente preparata per offrire consulenza in tale direzione e di necessitare, conseguentemente, di specifica formazione. Le competenze cui i dottori commercialisti chiedono di poter accrescere per offrire consulenza in tema di sostenibilità alle aziende vi è, in primis, la necessità di accompagnarle in un percorso di consapevolezza (47%), fissare obiettivi e percorsi di sviluppo che creino valore nel lungo termine (44%), individuare strumenti di misurazione delle ricadute ambientali e sociali dell'agire di impresa (33%) e rendicontare gli effetti sociali e ambientali degli investimenti in sostenibilità (31%).
Buoni propositi, giungono tuttavia dai giovani professionisti, i commercialisti under 40 che esercitano la professione in studi strutturati (con almeno 6 addetti), le cui imprese clienti appartengono prevalentemente al comparto industriale e già attive sul tema della sostenibilità. Per la generazione “Z” dei commercialisti, si ritiene che i prossimi 3/5 anni ambiente, governance e lavoratori rappresenteranno gli aspetti su cui le imprese dovranno investire maggiormente in materia di sostenibilità e che le tematiche di maggiore interesse richieste dalle imprese agli studi di commercialisti saranno principalmente legate alla consulenza strategica, organizzativa e al controllo.
La voce delle imprese indica, come ambito prioritario di intervento sui temi di sostenibilità, quello del sociale. Il 49% degli intervistati ritiene infatti strategico intraprendere azioni volte ad accrescere il benessere dei dipendenti e a migliorare la sicurezza in ambiente lavorativo. Rivestono una importanza secondaria sostenibilità di governance (etica, privacy, parità di genere) e ambientale, sulla rilevanza delle quale converge, rispettivamente, il 39% e il 34% degli intervistati.
Ma come si misura la sostenibilità aziendale? Per i commercialisti la maggioranza delle imprese ritiene l'approccio alla sostenibilità una responsabilità nei confronti della collettività e delle generazioni future, un dovere etico e morale, sebbene si evidenzi una quota non minoritaria di imprese che lo ritiene principalmente una leva reputazionale, utile ad accrescere la propria brand reputation e chi lo considera un mero adempimento.
La direzione e la modalità di prestare consulenza stanno cambiando, in quanto le imprese si trovano inconsapevolmente ad adeguare i propri business seconde le logiche dei nuovi mercati. A dimostrarlo è il 70% dei commercialisti intervistati che dichiara di avere almeno 1 impresa cliente che si è approcciata a tematiche sostenibili. Si tratta in particolare di imprese di medie e grandi dimensioni, localizzate prioritariamente nel Nord Est e nel Nord Ovest del Paese, appartenenti soprattutto al comparto industriale. Attualmente la metà delle aziende (50%) impegnate nel processo verso la sostenibilità sta procedendo in modo autonomo - non accompagnata da soggetti terzi -, mentre il 32% si è rivolta a consulenti finanziari e fiscali, e il 12% ha richiesto la consulenza del proprio commercialista. Il servizio maggiormente richiesto al commercialista concerne il supporto per l'ottenimento di incentivi (62%).
Ambiente e governance sono gli ambiti per i quali le imprese chiedono più frequentemente consulenza agli studi dei commercialisti. I principali vantaggi riscontrati dalle imprese che si adoperano per migliorare la propria sostenibilità afferiscono prevalentemente ad aspetti reputazionali, quali il miglioramento della fiducia da parte degli stakeholder (36%), una maggiore legittimazione nei confronti del territorio e della comunità in cui opera l'azienda (27%), una migliore capacità di attrarre nuovi talenti (24%). Secondari sono invece gli aspetti economici, tra i quali si segnala la riduzione dei costi di gestione legati al consumo di risorse (21%).
Per Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, questa indagine rileva un ritardo, sia tra le imprese che tra i professionisti, nella piena comprensione dei vantaggi che possono derivare dai temi legati alla sostenibilità. Si evidenzia quindi una certa consapevolezza, da parte dell'intera categoria, di rafforzare la formazione e soprattutto di delineare specifici percorsi di specializzazione su attività che stanno mutando anche in funzione della nuova normativa europea: reporting, assurance, finanza, per le grandi aziende e per le PMI, ma anche per gli enti del terzo settore e le pubbliche amministrazioni.
Per Marco Marcatili, Responsabile Sviluppo e sostenibilità di Nomisma, i commercialisti rappresentano le antenne che possono aiutare le imprese a crescere sotto il profilo della sostenibilità a patto che sviluppino il giusto profilo di competenze. Per i commercialisti quindi, è arrivato, forse, il momento di rimboccarsi le maniche!