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venerdì 14/10/2022 • 06:00

Fisco Conferimento e cessione d’azienda

Nessun abuso del diritto se la riorganizzazione ha sostanza economica

Il conferimento di un ramo d’azienda in newco, seguito dalla cessione delle quote della conferitaria a favore di una società che poi viene fusa nella conferitaria stessa, comporta un indebito vantaggio fiscale ma non configura un’ipotesi di abuso del diritto se l’operazione ha una sostanza economica (Risposta AE n. 503/2022).

di Marco Nessi - Dottore Commercialista

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  • Tempo di lettura 6 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Il conferimento di un ramo d'azienda in newco, seguito dalla cessione totalitaria delle quote della conferitaria a favore di una società che poi viene fusa nella conferitaria stessa, comporta un indebito vantaggio fiscale (cioè il pagamento di imposta di registro in misura fissa in luogo dell'imposizione proporzionale prevista per la cessione d'azienda) ma non configura un'ipotesi di abuso del diritto se l'operazione ha una sostanza economica. È questa l'interpretazione fornita dall'Agenzia delle Entrate nella Risp. AE 12 ottobre 2022 n. 503.

Il caso in esame ha riguardato un'articolata operazione di riorganizzazione finalizzata alla semplificazione della struttura societaria ed alla riduzione dei costi amministrativi e di governance. In particolare, l'operazione ha riguardato una scissione parziale di una delle società del gruppo (Alfa1) con assegnazione ad una società Alfa (beneficiaria) della partecipazione totalitaria detenuta in Alfa5 e nella realizzazione di 3 diverse operazioni di fusione (Alfa 5 in Alfa; Alfa 2 in Alfa; Alfa 3 in Alfa).

Con riferimento a quanto sopra, in primis, l'Agenzia delle Entrate ha riconosciuto la legittimità della scissione, considerato che la scissione Alfa1:

  • è in grado di determinare la ripartizione proporzionale degli asset della società scindenda fra i soggetti coinvolti che non usufruiscono di regimi fiscali agevolati e che, in seguito al suo perfezionarsi, procederanno (o proseguiranno) a svolgere, senza soluzione di continuità, le rispettive attività d'impresa (in ciò escludendo l'estromissione degli asset dalla sfera commerciale);
  • determina il trasferimento alla beneficiaria di una porzione di patrimonio netto di Alfa1 che, ai fini fiscali, deve considerarsi formato da riserve di capitale e/o da riserve di utili nella medesima proporzione delle riserve di utili e di capitali esistenti nella scissa antecedentemente l'operazione.

Peraltro, l'Agenzia delle Entrate ha ricordato che non è ostativa alla neutralità fiscale della scissione la circostanza che la stessa operazione abbia ad oggetto un ramo d'azienda o un singolo asset (come nel caso esaminato in cui il patrimonio netto scisso era costituito dalla partecipazione in Alfa5). In questo caso, infatti, il test di vitalità delle perdite deve essere effettuato individuando criteri alternativi (ad esempio, la presenza di plusvalori latenti nei beni trasferiti) che siano rappresentativi della vitalità economica del compendio scisso e della sua capacità di riassorbire le posizioni fiscali soggettive trasferite alla società beneficiaria.

Con riferimento alla successiva operazione di fusione, il possibile abuso del diritto deriva dal fatto che, in precedenza, Alfa6 aveva conferito nella newco (Alfa3) un ramo d'azienda e successivamente aveva ceduto le relative quote a Alfa. Pertanto, la fusione tra Alfa (cessionaria delle quote) e Alfa3 (conferitaria dell'azienda) poteva essere considerata abusivo per il risparmio derivante ai fini dell'imposta di registro. A fronte di quanto sopra l'Agenzia delle Entrate:

- ha preliminarmente evidenziato che, effettivamente, il conferimento di un ramo d'azienda seguito dalla cessione totalitaria delle quote è in grado di determinare un indebito vantaggio fiscale (costituito dal pagamento di tre imposte di registro in misura fissa in luogo di quelle proporzionali previste per la cessione d'azienda) se seguita dalla fusione tra la cessionaria delle quote e la conferitaria (in precedenza in senso analogo si vedano la Risp. AE 29 gennaio 2019 n. 13 e Risp. AE 13 maggio 2019 n. 138);

- ha successivamente riconosciuto che, nel suo complesso, la riorganizzazione non era priva di sostanza economica, considerato che:

  • le prime due fasi dell'operazione (conferimento di azienda e cessione della partecipazione, cioè l'ingresso di Alfa3 nel Gruppo ALFA), erano state effettuate nel marzo dell'anno n+4, e quindi in un momento temporale in cui la strategia aziendale era dettata dall'azionista di riferimento dell'epoca, ossia il Gruppo GAMMA (in tale contesto, il Gruppo ALFA era organizzato attraverso entità giuridiche separate, ognuna deputata allo svolgimento di una parte dell'unitaria attività propria del Gruppo);
  • nel corso dell'anno n+4, il Gruppo BETA era subentrato alla guida del Gruppo ALFA, attraverso l'acquisto sul mercato delle azioni della società Alfa4 (determinando la fuoriuscita dell'azionista, fino a quel momento di maggioranza, GAMMA).

In sintesi, nel contesto sopra delineato, il requisito della sostanza economica è stato considerato soddisfatto in considerazione:

  • della fusione “ALFA3” (effettuata dopo un rilevante intervallo temporale, cioè a più di quattro anni di distanza dalle precedenti operazioni di conferimento e cessione di partecipazioni), operazione che coinvolge anche altre società del gruppo allo scopo di ridurre i costi amministrativi e di governance e sfruttare le sinergie operative tra le diverse attività del Gruppo Alfa;
  • del cambio dell'azionista di riferimento dell'intero Gruppo ALFA;
  • delle mutate strategie aziendali collegate alle mutate condizioni del mercato.

Pertanto, le sopra riepilogate motivazioni economiche effettive hanno scongiurato la possibilità di contestare la riorganizzazione sotto il profilo dell'abuso del diritto. Ricordiamo, infatti, che l'art. 10-bis L. 212/2000 individua tre presupposti da soddisfare per verificare l'esistenza dell'abuso del diritto, cioè:

  • la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito” (costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario”);
  • l'assenza di “sostanza economica” dell'operazione o delle operazioni poste in essere, consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;
  • l'essenzialità del “vantaggio fiscale” conseguito (ai sensi del c. 3 dell'art. 10-bis L. 212/2000, non possono essere considerate abusive le operazioni che sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale).

L'assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell'abuso determina un giudizio di assenza di abusività (in tal senso: Ris. AE 17 ottobre 2016 n. 93/E).

Fonte: Risp. AE 12 ottobre 2022 n. 503

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