lunedì 10/10/2022 • 06:00
La rapida evoluzione dell’universo virtuale richiede nuove strategie al mondo delle imprese e competenze specifiche ai professionisti che le affiancano. Servono però normative ad hoc per le attività nel ciberspazio.
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La società digitale degli ultimi due anni ha assistito all’aumento consistente di nuove forme di collaborazione e interazione a distanza attraverso piattaforme web come Zoom e Teams, tanto che il mondo del lavoro si sta rimodellando gradualmente, aprendosi sempre più a una dimensione virtuale. Interessante, a tal proposito, “The metaverse: the future of work?”, studio condotto di recente da Regus, organizzazione che analizza i cambiamenti negli spazi di lavoro nel mondo. Due terzi degli interpellati, 2.258 persone tra impiegati e dirigenti aziendali della Gran Bretagna, ritengono che il metaverso diventerà una vera piattaforma di interazione per le professioni nei prossimi anni. In particolare, il 65% dei manager considera il metaverso più rivoluzionario di qualsiasi altra tecnologia odierna, in particolar modo quelle legate alla videoconferenza, mentre il 44% degli impiegati è convinto che, grazie ad esso, la comunicazione con colleghi e superiori migliorerà, senza dimenticare infine i vantaggi per la formazione (35%).
Proiettati verso il virtuale
Ottimizzazione dei tempi, orari più flessibili, coinvolgimento di partner e clienti remoti sono dunque alcuni dei principali vantaggi attribuiti al metaverso dove peraltro, negli ultimi anni, sono confluiti eventi di ogni genere, dalla Fashion Week agli Australian Open di Tennis, dai concerti alla discussione della tesi di laurea. Insieme ad essi, la presenza crescente di tante aziende che vedono l’universo virtuale come un’opportunità commerciale da non perdere. Indicativo il “Metaverse Survey 2022”, recente sondaggio di PricewaterhouseCoopers che ha coinvolto oltre 5.000 consumatori e 1.000 dirigenti aziendali statunitensi. Il 66% dei manager dichiara che le proprie imprese sono già impegnate attivamente in progetti relativi al metaverso, addirittura generando entrate da alcune delle tecnologie abilitanti il metaverso. Circa un quinto dei manager afferma poi che le tecnologie di realtà aumentata, token non fungibili (NFT), criptovalute ed enterprise blockchain sono già parte della strategia aziendale. E poiché l’82% dei dirigenti si aspetta che i progetti legati al mondo virtuale facciano parte delle loro attività commerciali entro tre anni, il 32% prevede di assumere un esperto di metaverso dedicato. Non a caso, il mercato dei servizi di consulenza gestionale connessi al metaverso sta crescendo in modo significativo.
I temi prioritari per i professionisti
Da questo quadro in continua evoluzione sono scaturite, naturalmente, una serie di problematiche per i professionisti. I contenziosi sulla proprietà intellettuale e industriale, in particolare sul diritto d’autore, nel nuovo mondo virtuale sono già sotto i riflettori e i casi che indicano l’urgenza di regolamentare una serie di attività non mancano. Ecco dunque le numerose aperture, nel corso dell’ultimo anno, di uffici legali su piattaforme di realtà virtuale basate su blockchain come Decentraland. Qui gli utenti, ad esempio, usando la criptovaluta, gestiscono già compravendite di terreni e immobili digitali, nonché proprietà di oggetti attraverso NFT e la truffa è spesso dietro l’angolo. Al momento, poiché alcune norme sono di difficile applicazione nello spazio virtuale, è frequente la richiesta di un’interpretazione delle stesse da parte degli avvocati, che devono altresì possedere una buona conoscenza in campo tecnologico ma, soprattutto, avere una certa dimestichezza delle dinamiche (scritte e non) di questo universo.
Stessa situazione per il mondo dei commercialisti. In una comunicazione rilasciata lo scorso settembre, la Banca d’Italia ha preso posizione sul tema delle tecnologie decentralizzate o Distributed Ledger Technologies (DLT) e delle cripto-attività, ancora largamente deregolamentate, incoraggiando anche sotto il profilo fiscale “la necessità di definire discipline ad hoc che conferiscano certezza agli operatori e agli investitori. L’Italia non è ad oggi dotata di una disciplina tributaria per questo comparto, i cui profili fiscali sono per ora basati sull’applicazione, in via interpretativa, di norme dettate per altre tipologie di operazioni e attività”.
Va detto che, a livello internazionale ed europeo, si sta già lavorando in tal senso alla definizione di regole e controlli, la cui entrata a regime richiede però ancora tempo. In Europa, sono state presentate due importanti normative, il Markets in Crypto Assets Regulation (MiCAR) e il Digital Operational Resilience Act (DORA), in corso di adozione formale. MiCAR introduce una disciplina armonizzata per l’emissione e l’offerta al pubblico di cripto-attività, nonché per i relativi servizi (ad esempio, di negoziazione e portafoglio digitale); il secondo ha come obiettivo il rafforzamento della resilienza operativa digitale dell’intero settore finanziario, anche attraverso l’introduzione di un regime di sorveglianza sui fornitori critici di servizi ICT, tra i quali potrebbero rientrare coloro che prestano servizi funzionali alla gestione delle cripto-attività.
Da questo quadro emerge, infine, l’esigenza da parte delle imprese di avvalersi di esperti in cybersecurity, aspetto strettamente connesso al tema della privacy. Si può certo fare riferimento al regolamento generale per la protezione dei dati personali (Gdpr 2016/679) per ciò che concerne gli aspetti legati alla gestione dei dati dei clienti (raccolta, uso e trasmissione di dati sensibili come pure informazioni relative alle attività nel metaverso) e non dimenticare che la sicurezza informatica può avere ripercussioni, oltre che sui sistemi informativi, proprio su questo tipo di dati.
Un ambiente digitale più sicuro
Ma non è tutto. Il metaverso coinvolge l’aspetto dei diritti fondamentali dell’individuo. In questo caso, viene in soccorso il Digital Services Act (DSA), regolamento approvato il 5 luglio scorso dal Parlamento Europeo che ridefinisce la disciplina applicabile alle piattaforme online, con obblighi proporzionati alla dimensione delle stesse. Di fatto è stata modificata la Direttiva sull’E-commerce 31/2000 (di cui sono state mantenute le linee guida), con l’introduzione di nuove disposizioni in materia di trasparenza, obblighi informativi e di accountability (responsabilità) per la moderazione dei contenuti.
Nell’ottica di creare, nel lungo periodo, un ambiente digitale sicuro e affidabile, che tuteli in modo concreto i diritti dei consumatori e, al contempo, supporti innovazione e competitività, il Digital Services Act, insieme al Digital Markets Act, vanno a comporre il Digital Services Package, che diventerà esecutivo nel 2023. In particolare, tra gli obiettivi del Digital Services Act, oltre alla sopracitata protezione dei diritti dei consumatori e alla garanzia di una loro maggiore sicurezza, va sottolineato l’impegno a contrastare la diffusione di contenuti illegali, la manipolazione delle informazioni e la disinformazione online. Non solo: si mira a potenziare tracciabilità e controlli sugli operatori commerciali nei mercati online e, soprattutto, a istituire un quadro normativo chiaro, efficace e di immediata applicazione nell’ambito della trasparenza e della responsabilità delle piattaforme online.
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