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mercoledì 05/10/2022 • 06:00

Fisco Terreni e partecipazioni

Tempi maturi per la ritrattabilità della rivalutazione

In caso di rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni, se dopo il versamento dell'imposta sostitutiva il contribuente ritiene la rivalutazione sconveniente o se versa l'imposta in una misura inferiore a quella corretta, dovrebbe essere possibile, nel primo caso, revocare la rivalutazione e, nel secondo caso, mantenerla.

di Marco Nessi - Dottore Commercialista

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  • Tempo di lettura 8 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Com'è noto l'art. 29 DL 17/2022 (c.d. DL “Energia”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1° marzo 2022), convertito nella L. 34/2022, ha prorogato anche per il 2022 le agevolazioni fiscali introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e 7 L. 448/2001, per i terreni (edificabili o con destinazione agricola) e le partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati (qualificate o non) posseduti (al di fuori dell'esercizio di imprese, arti o professioni) alla data del 1° gennaio 2022.

Per effetto di quanto sopra, è quindi ancora possibile rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate e dei terreni (edificabili e non), affrancando in tutto o in parte le plusvalenze che rientrano tra i redditi diversi (ex art. 67 c. 1 lett. a) - c-bis) TUIR).

A tal fine, entro la data del prossimo 15 novembre 2022:

  • un professionista abilitato (ad esempio, dottore commercialista, geometra, ingegnere) è tenuto a redigere e asseverare la perizia di stima delle partecipazioni o dei terreni;
  • il contribuente interessato è tenuto a versare l'imposta sostitutiva dovuta ai fini della rivalutazione per l'intero ammontare, ovvero (in caso di rateizzazione) limitatamente alla prima delle tre rate annuali dovute di pari importo (in quest'ultimo caso, entro il 15 novembre 2022 dovrà essere versata solo la prima rata per perfezionare l'opzione. Viceversa, le rate successive alla prima scadranno, rispettivamente, il 15 novembre 2023 e il 15 novembre 2024 con maggiorazione degli interessi del 3% annuo, dal 15 novembre 2022). A livello operativo la rivalutazione si perfeziona con il versamento dell'intero importo dell'imposta sostitutiva dovuta (sulla base del valore indicato nella perizia giurata) oppure - in caso di pagamento rateale - della prima rata (Circ. AE 24 ottobre 2011 n. 47/E e Cass. 12 marzo 2018 n. 5981).

La rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate e dei terreni deve essere valutata nella prospettiva di un possibile risparmio d'imposta all'atto di una successiva cessione dei beni. A quest'ultimo riguardo, può essere opportuno ricordare che:

  • ai fini della rivalutazione è dovuta un'imposta sostitutiva con aliquota del 14% da applicare sul valore rivalutato (in particolare l'imposta sostitutiva deve essere versata utilizzando il modello F24 e indicando “2022” come anno di riferimento e i codici tributo 8055 per le partecipazioni e 8056 per i terreni);
  • (viceversa, in via ordinaria) l'imposta sostitutiva dovuta sulla plusvalenza di natura finanziaria è pari al 26%;
  • l'assunzione del valore di perizia in luogo del costo o valore di acquisto non consente il realizzo di minusvalenze (utilizzabili in compensazione o riportabili nei periodi d'imposta successivi) ai sensi dell'art. 68 TUIR. Pertanto, in caso di successiva cessione delle partecipazioni rivalutate, se il valore di perizia dovesse essere superiore al prezzo di cessione, la minusvalenza non può assumere rilevanza fiscale (in tal senso: Circ. AE 15 febbraio 2013 n. 1/E, par. 2).

Si ricorda, infine, che, nell'ipotesi di precedenti rivalutazioni (circ. Circ. AE 24 ottobre 2011 n. 47/E, par. 2):

  • non è necessario versare le rate eventualmente pendenti derivanti dalla precedente rivalutazione;
  • dall'imposta dovuta per la nuova rivalutazione, è possibile scomputare l'imposta sostitutiva già versata in occasione della prima rivalutazione.

Situazioni critiche

In sede interpretativa l'Agenzia delle Entrate (Circ. AE 4 agosto 2004 n. 35, par. 2 e, in precedenza: Circ. AE 15 febbraio 2013  n. 1/E e Circ. AE 18 maggio 2016 n. 20/E) e la giurisprudenza ormai consolidata (tra le altre: Cass. 20 febbraio 2015 n. 3410 e Cass. 23 dicembre 2020 n. 29389) hanno chiarito da tempo che l'opzione per la rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate si considera perfezionata con il versamento, entro il termine previsto ex lege:

  • dell'intero importo dell'imposta sostitutiva dovuta;
  •  in caso di opzione per il pagamento rateale, della prima rata.

Partendo da questa conclusione, di rimando è stato affermato che l'eventuale versamento dell'imposta sostitutiva dovuta (ovvero, in caso di pagamento rateizzato, della prima rata) oltre il termine previsto dalla norma sarebbe tale da determinare:

  • (in primis) l'impossibilità di utilizzare il valore rideterminato ai fini del calcolo della plusvalenza;
  • (di conseguenza) la facoltà del contribuente di chiedere all'Agenzia delle Entrate il rimborso dell'imposta sostitutiva versata in ritardo entro 48 mesi dal relativo versamento (ex art. 38 DPR 602/73).

Questa impostazione (garantista pro-Fisco) è stata più volte espressa e confermata anche in giurisprudenza. Infatti, in questa sede, è stato affermato che il regolare versamento dell'imposta sostitutiva rappresenta una condizione da rispettare per il perfezionamento della rivalutazione (tra le tante si vedano: Cass. 12 marzo 2018 n. 5981; Cass. 15 luglio 2016 n. 14491; Cass. 20 febbraio 2015 n. 3410).

 A fronte della disciplina sopra illustrata, sono sempre più frequenti i casi in cui:

  • dopo il versamento (regolare) dell'imposta sostitutiva (o della prima rata), il contribuente prenda atto della sopravvenuta sconvenienza ad esercitare la rivalutazione;
  • l'imposta sostitutiva (o la prima rata della stessa) viene versata in una misura inferiore a quella corretta.

In questo contesto, allo stato attuale, nella prima ipotesi:

  • l'opzione per la rivalutazione del costo o valore di acquisto resta valida;
  • (in caso di pagamento rateizzato) le rate non versate sono iscritte a ruolo (ex art. 10 e ss. DPR 602/73).

In realtà, i tempi dovrebbero essere ormai maturi per prevedere, così come del resto è stato recentemente disposto in relazione alla disciplina dei regimi della rivalutazione, riallineamento e affrancamento di cui all'art. 110 DL 104/2020, la possibilità di revocare (eventualmente anche parzialmente) in qualsiasi momento l'opzione per la rivalutazione originariamente manifestata.

Del resto, a favore di questa tesi, depongono diversi elementi ovvero:

  • l'assenza di una disposizione normativa specifica di irritrattabilità della rivalutazione contenuta nell'art. 7 Legge 448/2001 (in passato, in tal senso: CTP Ravenna 7 maggio 2014 n. 395; CTR Brescia 16 settembre 2013 n. 141; CTR Milano 13 maggio 2011 n. 47; CTR Torino 23 settembre 2010 n. 87);
  • la natura non vincolante degli orientamenti espressi in sede interpretativa dall'Agenzia delle Entrate in sede di circolare o risoluzione;
  • la natura stessa dell'opzione che, contrariamente a quanto è stato riconosciuto in giurisprudenza, ha la natura di dichiarazione di scienza ritrattabile (in senso contrario consolidato: Cass. 30 marzo 2021 n. 8749; Cass. 21 febbraio 2020 n. 4659; CTR Lombardia 16 maggio 2022 n. 2004);
  • il fatto che, aderendo alla tesi opposta si giungerebbe ad una situazione di eccessiva “forzatura” nei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente, in piena violazione del principio di collaborazione e buona fede che, viceversa, dovrebbe sempre sovraintendere i rapporti tra Fisco ed il Contribuente (art. 10 L. 212/2000). 

Ugualmente, nella seconda ipotesi (ossia di versamento dell'imposta sostitutiva dovuta ovvero, in caso di pagamento rateizzata, della prima rata in misura inferiore a quella corretta), ad oggi, seguendo la tesi sostenuta dall'ufficio, la conseguenza è rappresentata dall'integrale disconoscimento della rivalutazione, stante il mancato perfezionamento della stessa. Anche in questo caso, motivi di ragionevolezza dovrebbero consentire al contribuente di conservare la validità della rivalutazione effettuata, almeno – nella peggiore ipotesi - in proporzione al versamento effettuato, senza (viceversa) rischiare di dover subire il disconoscimento integrale della rivalutazione (con l'unica possibilità per il contribuente – ove ancora fruibile - di richiedere il rimborso degli importi versati entro 48 mesi). È quindi auspicabile un cambio di orientamento da parte dell'Agenzia delle Entrate in relazione alle sopra citate tematiche, meglio ancora se accompagnato da un intervento specifico a livello normativo.

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