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mercoledì 28/09/2022 • 06:00

Mondo Digitale Invenzioni industriali

Un sistema di intelligenza artificiale può essere inventore di brevetto?

La Corte Suprema inglese riapre il dibattito sulla paternità di un'invenzione industriale riconosciuta in capo ad un sistema di intelligenza artificiale. La questione è rilevante, in quanto porterebbe a ripensare al concetto di “persona esperta del ramo”, requisito richiesto per la concessione del brevetto.

di Ilaria Carli - Avvocato, senior counsel di WST Law & Tax Firm

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Può un sistema di intelligenza artificiale essere considerato inventore di un brevetto? Quali potrebbero essere le conseguenze per le aziende che innovano in caso di risposta affermativa?

Sino ad ora quasi tutti gli uffici brevettuali avanti ai quali sono state presentate domande di brevetto in cui era stato designato come inventore un sistema di intelligenza artificiale si sono schierati per il no. Lo stesso hanno fatto le corti cui il richiedente il brevetto si è rivolto per contestare il rifiuto degli uffici.

Le domande di brevetto in questione sono tutte state presentate tra il 2018 ed il 2019 da Stephen Thaler, uno scienziato informatico inventore di un sistema di intelligenza artificiale chiamato DABUS, acronimo di “Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience”. Stephen Thaler, assistito da un team di consulenti brevettuali, sta portando avanti un progetto denominato The Artificial Inventor Project, finalizzato ad alimentare il dibattito in merito all'impatto sociale, economico e giuridico di tecnologie di frontiera, come l'intelligenza artificiale.

Le invenzioni di cui Thaler chiede la protezione brevettuale riguardano, l'una, un raggio luminoso che consente di essere individuati al buio e, l'altra, un contenitore per alimenti a geometria frattale, capace di modificare la propria forma durante il trasporto. In entrambi i casi, nella domanda di brevetto era stato indicato DABUS quale inventore dell'invenzione e ciò sul presupposto che le invenzioni fossero state create dal sistema di intelligenza artificiale autonomamente, senza cioè l'intervento dell'uomo nel processo inventivo. La macchina – secondo Thaler – non si è limitata a trovare la soluzione al problema tecnico ma ha anche identificato la novità del trovato.

Al di là delle differenze delle singole giurisdizioni, la motivazione principale del rifiuto è consistita nel richiamo al principio secondo cui solo una persona umana può essere designata come inventore di un'invenzione industriale.

Negli Stati Uniti, ad esempio, la US Court of Appeals for the Federal Circuit, nel ribadire il rifiuto già espresso in prima battuta dall'ufficio brevettuale americano (United States Patent and Trademark Office – USPTO) e dalla corte distrettuale della Virginia in sede di appello della decisione del USPTO, il 5 agosto di quest'anno ha statuito che la legge brevettuale americana (il Patent Act - Title 35 of the United States Code) richiede che l'inventore sia un essere umano, escludendo quindi che possa esserlo un sistema di intelligenza artificiale.

Similmente, la Commissione dei Ricorsi dell'ufficio brevettuale europeo (European Patent Office - EPO) con decisione pubblicata il 6 luglio 2022, ha confermato che, ai sensi della Convenzione sul brevetto europeo (CBE), un inventore designato in una domanda di brevetto deve essere un essere umano.

Di recente, tuttavia, la UK Supreme Court ha emesso un provvedimento che, nell'ammettere l'istanza di appello presentata da Thaler avverso la decisione della Court of Appeal del 21 settembre 2021, apre la strada ad un'ulteriore revisione della questione al massimo livello della giurisdizione inglese.

La corte inglese sarà dunque chiamata a decidere se confermare la decisione della Court of Appeal che, aderendo a quanto deciso dalla High Court e ancor prima dall'ufficio brevettuale inglese (UK Intellectual Property Office – UKIPO), aveva rigettato le domande di Thaler oppure riformare la decisione, riconoscendo dunque la possibilità che i diritti di paternità di un'invenzione industriale siano riconosciuti in capo ad un sistema di intelligenza artificiale.

La decisione della UK Supreme Court di riaprire la discussione in merito ad una questione che sembrava avere ormai preso una piega ben definita è stata probabilmente influenzata dal crescere dell'interesse della scienza e dell'industria attorno ai sistemi di intelligenza artificiale in tutti i campi del sapere umano.

Da un punto di vista tecnico-giuridico, tale scelta potrebbe anche giustificarsi alla luce del fatto che sebbene la decisione della Corte d'Appello sia stata adottata all'unanimità dal collegio, uno dei tre giudici, Birss LJ, ha espresso un'opinione, non condivisa dagli altri due giudici, che ha lasciato aperto uno spiraglio alla tesi di Thaler. Birss LJ ha precisato, infatti, che a proprio parere, le due domande di brevetto presentate dal signor Thaler avrebbero comunque dovuto essere rilasciate e ciò in quanto quest'ultimo aveva formalmente rispettato i requisiti procedurali previsti dalla legge brevettuale inglese (1977 UK Patents Act).

Gli impatti per le imprese

Per conoscere la posizione che verrà adottata dalla corte suprema nel Regno Unito si dovranno attendere svariati mesi. Nel frattempo, si continua a ragionare sulle conseguenze dell'eventuale accoglimento della tesi di Thaler. Le ricadute pratiche per le imprese che investono in ricerca e innovazione sono rilevanti poiché se venisse aperta la strada alla paternità dell'invenzione in capo ad un sistema di intelligenza artificiale, si dovrebbe con ogni probabilità ripensare anche al concetto di “persona esperta del ramo” ai fini della valutazione del requisito dell'attività inventiva richiesta per la concessione della privativa brevettuale.

“Un'invenzione è considerata come implicante un'attività inventiva” prevede l'art. 48 D.Lgs. 30/2005 (Codice della proprietà industriale) “se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica”. La figura della “persona esperta del ramo” è un'astrazione riconducibile alla media dei tecnici operanti in un determinato settore. Se al fine di determinare tale media verranno considerati anche i sistemi di intelligenza artificiali, il gradino da superare per ottenere la concessione di un brevetto si alzerà inevitabilmente e sarà sempre più difficile da superare, soprattutto per gli inventori umani, creando un divario sempre più ampio tra questi e gli inventori costituiti da sistemi di intelligenza artificiale.

I requisiti di brevettabilità

Ci si chiede, quindi, se non sia opportuno ripensare ai requisiti di brevettabilità ed in particolare del requisito dell'attività inventiva e ciò al fine di evitare la creazione di eccessivi ostacoli alla concorrenza. Varie sono le soluzioni che sono state prospettate; da parte di alcuni è pervenuta la proposta di creare un “doppio standard” che preveda l'applicazione di criteri più rigidi per l'ottenimento della privativa se l'invenzione è stata realizzata interamente dal sistema di intelligenza artificiale e criteri più blandi se viceversa l'invenzione è stata realizzata da un essere umano. Tale soluzione, tuttavia, non appare soddisfacente innanzitutto perché finirebbe per disincentivare gli investimenti nella realizzazione e nell'uso dei sistemi di intelligenza artificiale nella ricerca, privilegiando gli operatori che utilizzando strumenti meno avanzati e sofisticati dal punto di vista tecnologico.

La decisione della UK Supreme Court dello scorso agosto ha reso più urgente trovare una soluzione alla questione, che permetta la convivenza tra gli inventori “artificiali” e gli inventori “umani” e che consolidi la funzione del sistema brevettuale quale incentivo del progresso, evitando contestualmente di porre l'essere umano in concorrenza con l'intelligenza artificiale.

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