martedì 27/09/2022 • 06:00
Il decreto Trasparenza si pone l'obiettivo non solo di confermare e integrare le previsioni contenute nel codice civile e nelle leggi speciali sul patto di prova, ma anche di positivizzare dei principi giurisprudenziali consolidati in materia, anche periodo di prova in ipotesi di rinnovo del contratto.
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L'art. 7 del decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/2022) rubricato “durata massima del periodo di prova”, al pari di altre norme contenute nel decreto stesso, si pone l'obiettivo non solo di confermare e integrare le norme contenute nel codice civile e nelle leggi speciali sul patto di prova
Le previsioni del codice civile e delle norme di legge
L'art. 2096 del codice civile, reca, infatti, una disciplina dettagliata del periodo di prova, prevedendo:
- la necessità della forma scritta del patto di prova, salve diverse previsioni dei ccnl (comma 1);
- l'obbligo, rispettivamente per l'imprenditore e per il prestatore di lavoro, di consentire e fare l'esperimento che forma oggetto del patto di prova;
- la possibilità di recedere dal contratto di lavoro durante il periodo di prova senza obbligo di preavviso né di corrispondere la relativa indennità;
- la possibilità di stabilire un tempo minimo necessario per la prova. In tal caso la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine (comma 3);
- la definitività dell'assunzione dopo il periodo di prova;
- il computo del servizio prestato nell'anzianità di servizio del prestatore di lavoro (comma 4).
Durata massima del periodo di prova
Con riferimento alla durata massima del periodo di prova il codice civile non prevede alcunché.
Tuttavia, le legge 604/66 sui licenziamenti individuali, all'art. 10, nel definire il campo di applicazione delle tutele avverso i licenziamenti illegittimi include:
“i prestatori di lavoro che rivestano la qualifica d'impiegato e d'operaio, ai sensi dell' art. 2095 c.c. e, per quelli assunti in prova, si applicano dal momento in cui l'assunzione diviene definitiva e, in ogni caso, quando sono decorsi 6 mesi dall'inizio del rapporto di lavoro”, prevedendo di fatto una durata massima del periodo di prova di 6 mesi.
Ancor prima della L. 604/66, il RDL 1825/24, all'art. 4, nell'anticipare quanto poi riportato nel codice civile sotto il profilo della forma del patto di prova, della libera recedibilità, del preavviso e dell'anzianità, individua come limiti massimi di durata del periodo di prova:
Quest'ultima previsione, benché datata, è stata dalla giurisprudenza ritenuta ancora vigente e applicabile (Cass. 22758/2014; Cass. 21874/2015), ritenendosi che l'articolo 2096 del codice civile, nel disciplinare l'assunzione in prova del lavoratore,
“non abbia esaurito l'intera regolamentazione di questo speciale fenomeno nell'ambito del rapporto di lavoro, ma ha semplicemente dettato una disciplina di carattere generale che, anziché escludere, implica l'integrazione ad opera di altre norme, riguardanti elementi e modalità particolari, per le quali deve continuarsi a far riferimento al R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825, sullo impiego privato, che non é stato abrogato quindi dalle norme sopravvenute del codice civile vigente.”
In assenza di intervenute abrogazioni della normativa del '24, deve ritenersi, quindi, che il limite di 3 mesi, coesista per le categorie interessate, con quello di sei mesi previsto sia dal decreto trasparenza che dalla citata legge 604/66.
Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, per quanto attiene al periodo di prova nei contratti a tempo indeterminato, salvo chiarire che i contratti collettivi possono prevedere una durata inferiore.
Il periodo di prova nei contratti a tempo determinato
Nuova è, invece, la previsione dell'art. 7 che per la prima volta positivizza un principio consolidato in giurisprudenza, prevedendo:
“Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell'impiego.”
Invero, fatta salva qualche rara eccezione in settori particolarmente caratterizzati da prestazioni di lavoro limitate nel tempo e legate a singoli progetti o attività, i CCNL non prevedono una specifica durata del periodo di prova per i contratti a tempo determinato.
Si richiama – fra i pochi - il CCNL Cineaudiovisivi, che prevede all'art. 20, per i lavoratori assunti con contratto a termine, un periodo di prova non superiore a 20 giorni.
Con l'art. 7 il decreto trasparenza tenta di colmare questa lacuna esplicitando per la prima volta la possibilità di inserire un patto di prova nei contratti a tempo determinato.
La norma in esame definisce, inoltre, dei criteri per la quantificazione della durata del periodo di prova, che deve tener conto di precisi elementi:
Nella prassi, ad avviso di chi scrive, è opportuno, nella quantificazione della durata del periodo di prova, individuare la durata prevista, per i contratti a tempo indeterminato, dal CCNL con riferimento al livello di interesse e ridurla rispetto alla durata del contratto stesso.
Periodo di prova in ipotesi di rinnovo del contratto
Anche con riferimento al punto in esame, la legge recepisce un consolidato orientamento della giurisprudenza secondo cui, in caso di rinnovo di un contratto di lavoro per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.
Conclusioni
Apprezzabile risulta l'impegno del legislatore nel mettere dei punti fermi su una disciplina tanto rilevante e sovente oggetto di contenziosi. Purtuttavia, ad avviso di chi scrive, si sarebbe potuto spingere un po' oltre chiarendo meglio, ad esempio, la portata dell'art. 4 del RDL 1825/24, quindi se esiste un limite massimo di tre mesi di prova per i profili meno qualificati.
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