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mercoledì 21/09/2022 • 07:05

Lavoro Decreto trasparenza

Il Ministero del Lavoro interviene sul Decreto Trasparenza

Con la Circolare n. 19 del 20 settembre 2022 il Ministero del Lavoro offre il suo punto di vista sul Decreto legislativo 27 giugno 2022, n. 104 in attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea.

di Luca Furfaro - Consulente del lavoro - Studio Furfaro e Founder FL&Associati

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  • Tempo di lettura 9 min.
  • Ascolta la news 5:03

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La Circolare 20 settembre 2022 n. 19 del Ministero del Lavoro offre una nuova ed approfondita analisi del Decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/2022) entrato nel dettaglio di alcuni punti della norma che ha rinnovato il decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 in merito alle informazioni da fornire ai lavoratori.

L'intervento di prassi, in maniera quanto mai singolare, si pone esplicitamente nel solco del precedente intervento dell'Ispettorato del Lavoro che era intervenuto con la circolare n. 4 del 10 agosto 2022, con la quale il Ministero “si raccorda con l'obiettivo di approfondire ulteriori aspetti”.

Al fine di attuare questo approfondimento, anche a fronte di un testo normativo particolarmente ricco di elementi innovativi, il Ministero decide di partire dall'origine europea della norma richiamando anche i considerando della direttiva, che, pur se non giuridicamente vincolanti, si rivelano secondo la circolare utili ai fini della ricostruzioni della ratio normativa.

A livello generale, richiamando le motivazioni di partenza dell'intervento normativo, si richiama l'obbligo per il datore di lavoro di fornire al lavoratore le informazioni di base riferite ai singoli istituti, potendo rinviare, come indicato anche dall'INL, per le informazioni di maggior dettaglio al contratto collettivo o ai documenti aziendali che devono essere consegnati o messi a disposizione del lavoratore secondo le prassi aziendali. L'intervento di prassi tende a sottolineare che tale operazione di ampliamento e di rafforzamento deve essere calata nella concretezza del rapporto di lavoro e non con l'astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell'informativa. La circolare richiama poi in maniera dettagliata alcuni specifici obblighi informativi.

Congedi

La norma prevede l'informazione sulla «durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all'atto dell'informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi». Il Ministero per il richiamato criterio di concretezza prescrive che oltre ai generali ed essenziali richiami alla disciplina legale applicabile per le ferie, occorre fornire al lavoratore le indicazioni della disciplina contenuta nel contratto collettivo soggettivamente applicabile al rapporto. Per quanto riguarda invece gli altri congedi richiamati, l'interpretazione letterale richiama la condizione di necessaria retribuzione degli stessi, per cui non vi è obbligo di comunicazione di quelli per cui non è prevista la corresponsione della retribuzione.

Inoltre il Ministero ha inteso portare all'attenzione il fatto che con il termine “congedo” si vogliono richiamare le forme di astensione temporanea maggiormente incidenti sul rapporto di lavoro.

A tal fine vengono identificati come congedi, non in maniera esaustiva:

- congedi di maternità e paternità, congedo parentale e congedo straordinario per assistenza a persone disabili, secondo la disciplina di cui al d.lgs. n. 151/2001;

- congedo per cure per gli invalidi, secondo la disciplina di cui all'articolo 7 del d.lgs. n. 119/2011;

- congedo per le donne vittime di violenza di genere secondo la disciplina di cui all'articolo 24 del d.lgs. n. 80/2015.

Nell'informazione dovrà però esserci non solo la disciplina legale ma anche il richiamo agli aspetti di dettaglio regolamentati dalla contrattazione collettiva.

Retribuzione

La nuova formulazione normativa di riporta all'indicazione delle componenti della retribuzione di cui sia oggettivamente possibile la determinazione al momento dell'assunzione, la circolare in commento sottolinea in maniera abbastanza lapallissiana come non si potrà indicare l'importo degli elementi variabili della retribuzione (ad esempio, il premio di risultato). Viene inoltre interpretato in maniera molto tecnica il termine “retribuzione” andando quindi ad escludere dal campo d'applicazione della normativa welfare aziendali e buoni pasto, salvo che non siano previste dalla contrattazione collettiva o dalle prassi aziendali come componenti dell'assetto retributivo

Orario di lavoro programmato

L'articolo 1, comma 1, lett. o) della norma in discussione prevede che l'informazione su «la programmazione dell'orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un'organizzazione dell'orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile». Le informazioni devono essere incentrate sulla concreta articolazione dell'orario di lavoro applicata al dipendente, sulle condizioni dei cambiamenti di turno, sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione con riferimento al contratto collettivo nazionale e agli eventuali accordi aziendali che regolano il tema dell'orario nel luogo di lavoro.

Viene inoltre delimitata la definizione di orario di lavoro prevedibile che può essere rinvenuto anche nelle ipotesi di lavoro a turni e di lavoro multi-periodale. In questo ultimo caso l'indicazione informativa conterrà l'indicazione che il lavoratore viene inserito in tale articolazione oraria e rendere note le modalità con cui la stessa verrà variata o saranno comunque fornite le relative informazioni.

Previdenza e assistenza

L'obbligo prescritto di informazione su gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e su qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso richiama anche, secondo il Ministero del Lavoro, la possibilità, di aderire a fondi di previdenza integrativa aziendali o settoriali.

Sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzato

Il richiamato intervento dell'INL si era fermato sulla definizione dei sistemi di monitoraggio automatizzati oggetto di aggiuntivi obblighi informativi all'articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, inserito dall'articolo 4, lett. b), del d.lgs. n. 104/2022. Il Ministero prova a schematizzare la previsione definendo le tipologie di sistemi decisionali e di monitoraggio possibili:

a) finalizzati a realizzare un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro;

b) incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

La circolare definisce i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati come quegli strumenti che, attraverso l'attività di raccolta dati ed elaborazione degli stessi effettuata tramite algoritmo, intelligenza artificiale, ecc., siano in grado di generare decisioni automatizzate. Viene quindi ristretto il contesto di riferimento con il richiamo, di prassi, ma non normativo, all'utilizzo di algoritmi con intervento umano meramente accessorio.

Il Ministero in maniera esemplificativa richiama le seguenti ipotesi:

1. assunzione o conferimento dell'incarico tramite l'utilizzo di chatbots durante il colloquio, la profilazione automatizzata dei candidati, lo screening dei curricula, l'utilizzo di software per il riconoscimento emotivo e test psicoattitudinali, ecc.;

2. gestione o cessazione del rapporto di lavoro con assegnazione o revoca automatizzata di compiti, mansioni o turni, definizione dell'orario di lavoro, analisi di produttività, determinazione della retribuzione, promozioni, etc., attraverso analisi statistiche, strumenti di data analytics o machine learning, rete neurali, deep-learning, ecc

L'aspetto che maggiormente chiarisce la volontà del lavoratore è la precisa indicazione circa delle decisioni meccanizzate prese da un algoritmo e non il solo monitoraggio automatizzato.

Viene chiarito inoltre come non rientrano nel perimetro della definizione di sistema di monitoraggio i sistemi di rilevazione delle presenze in ingresso e in uscita, cui non consegua un'attività interamente automatizzata finalizzata ad una decisione datoriale.

Mentre il datore di lavoro deve fornire le necessarie informazioni che caso in cui utilizzi sistemi automatizzati, quali, a puro titolo di esempio vengono richiamati: tablet, dispositivi digitali e wearables, gps e geolocalizzatori, sistemi per il riconoscimento facciale, sistemi di rating e ranking, etc. Tali dispositivi devono integrare sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati per rendere la prestazione lavorativa.

Periodo di prova

Intervenendo anche sulla parte relativa alle prescrizioni minime rispetto al rapporto di lavoro il Ministero richiama in sintesi le disposizioni normative:

la durata massima del periodo di prova a sei mesi

termine che può essere ridotto dai contratti collettivi

riduzione proporzionale in caso di rapporto di lavoro a tempo determinato.

Impossibilità dell'inserimento del periodo di prova nel caso di rinnovo del contratto per lo svolgimento delle stesse mansioni,

prolungamento del periodo di prova in misura corrispondente alla durata dell'assenza.

Il Ministero in merito alle assenze che prolungano il periodo di prova chiarisce che nel campo di applicazione del comma 3 non rientrano solo quelle richiamate dallo stesso ma anche tutti gli altri casi di assenza previsti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Cumulo d'impieghi

La norma in commento all'articolo 8 vieta al datore di lavoro di impedire al lavoratore di svolgere in parallelo un altro rapporto di lavoro, se quest'ultimo ha luogo in orario al di fuori della programmazione dell'attività lavorativa concordata.

Viene ricordato come le uniche condizioni per limitare o vietare l'attività sono:

a) che vi sia un «pregiudizio per la salute e sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi»;

b) che sia necessario «garantire l'integrità del servizio pubblico»;

c) che la diversa e ulteriore attività sia in conflitto di interessi con la principale, pur non violando il dovere di fedeltà di cui all'articolo 2105 del codice civile.

Tali condizioni hanno carattere tassativo e devono essere dimostrabili e non rimesse a mere valutazioni soggettive del datore di lavoro.

Prevedibilità minima del lavoro

Viene affrontato il caso in cui la durata dell'orario di lavoro e la sua collocazione temporale non sono predeterminati.

L'imposizione al lavoratore o al collaboratore di svolgimento dell'attività vi potrà essere solo se:

a) il lavoro si svolge entro ore e giorni di riferimento predeterminati;

b) il lavoratore è informato dal suo datore di lavoro o committente sull'incarico da eseguire con il ragionevole periodo di preavviso di cui al nuovo articolo 1, comma 1, lettera p) 3), del d.lgs. n. 152/1997.

Viene definito il preavviso come il tempo che intercorre tra il momento in cui un lavoratore è informato in merito a un nuovo incarico di lavoro e il momento in cui inizia l'incarico.

Transazione a forme più sicure e prevedibili e stabili

L'intervento del Ministero del lavoro si limita a richiamare l'articolo 10, che, ferme restando le disposizioni più favorevoli già presenti nel nostro ordinamento, ha previsto il diritto per il lavoratore che abbia maturato un'anzianità di lavoro presso lo stesso datore di lavoro e che abbia superato l'eventuale periodo di prova, di poter accedere, ove possibile, ad un rapporto di lavoro più stabile e sicuro.

Per interpretare tale indicazione, almeno sul piano teorico, è necessario il richiamo al considerando n. 36 e dell'impianto complessivo della direttiva, che vuole consentire a lavoratori che siano già occupati presso un datore di lavoro con forme contrattuali non particolarmente stabili, di poter transitare verso contratti di lavoro che garantiscano maggiore durata e stabilità.

Rimane in ogni caso necessario che tali “migliori” posti di lavoro siano disponibili e che il lavoratore ne faccia richiesta

Formazione obbligatoria

In merito alla previsione che la formazione obbligatoria sia considerata orario di lavoro e sia garantita gratuitamente a tutti i lavoratori, e ove possibile, sia svolta durante lo stesso, il Ministero aggiunge solamente l'esclusione dall'applicazione della formazione professionale e alla formazione per ottenere o mantenere una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla per legge o in base al contratto individuale o collettivo.

FONTE: Circ. Min. Lav. 20 settembre 2022 n. 19

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