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venerdì 16/09/2022 • 11:45

Lavoro Decreto Trasparenza

Chi può chiedere condizioni di lavoro più stabili, prevedibili e sicure?

Il Decreto Trasparenza prevede un vero e proprio diritto del lavoratore a richiedere condizioni di lavoro prevedibili, stabili e sicure. Sono tuttavia numerosi i dubbi sul contenuto del diritto, sulle condizioni soggettive di chi può esercitarlo e sulle relative tutele.

di Marcella De Trizio - Avvocato - Studio ArlatiGhislandi

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  • Tempo di lettura 1 min.
  • Ascolta la news 5:03

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Il Decreto Trasparenza si è posto l'obiettivo di definire non solo condizioni di lavoro trasparenti ma anche prevedibili, sicure e stabili.

Tale obiettivo si ritrova chiaramente nell'art. 10 D.Lgs. 104/2022 che prevede un vero e proprio diritto del lavoratore a richiedere – ove presenti in azienda - condizioni di lavoro con dette caratteristiche.

Benché il legislatore, sotto il profilo degli adempimenti da porre in essere per l'esercizio di tale diritto, abbia fornito indicazioni sufficientemente chiare, numerosi sono i dubbi rispetto al contenuto del diritto, alle condizioni soggettive di chi può esercitarlo ed alle relative tutele, oltre che agli aspetti sanzionatori.

Caratteristiche soggettive del lavoratore

La norma di legge, all'art. 10 c. 1, prevede che il lavoratore possa richiedere il diritto in esame in presenza delle seguenti condizioni:

  • anzianità di almeno sei mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente;
  • il completamento dell'eventuale periodo di prova.

Il comma 5 dell'art. 10 esclude espressamente dal campo di applicazione della norma:

  • i lavoratori alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni;
  • i lavoratori marittimi e del settore della pesca;
  • i lavoratori domestici.

Fin qui il disposto normativo parrebbe chiaro.

Chi scrive ritiene altresì pacifico che l'esercizio del diritto possa avvenire solo in costanza di rapporto di lavoro, non essendo previsto un termine ultimo entro cui poterlo esercitare.

Purtuttavia, con riferimento ai requisiti soggettivi, il legislatore non esplicita null'altro, per cui vien da chiedersi quali siano le forme “non prevedibili, non sicure e non stabili”, che consentono di poter esercitare tale diritto.

Certamente il contratto di lavoro intermittente appare la forma per eccellenza non prevedibile e non sicura, non essendo per definizione determinabile un orario normale di lavoro, né nella distribuzione né nel quantum.

Quanto alla stabilità ed alla sicurezza verrebbe in mente anche il contratto a tempo determinato, quantomeno in corso di rapporto.

Non si esclude, ad avviso di chi scrive, che fra le forme non prevedibili possano rientrare anche tipologie di lavoro non subordinato, in quanto prive delle caratteristiche di sicurezza e di stabilità, ma talvolta anche della prevedibilità. Tale interpretazione sembrerebbe avvallata dalla lettera della norma che recita “presso lo stesso datore di lavoro o committente”.

Purtuttavia, verrebbe da chiedersi se, ad esempio, un contratto di collaborazione a tempo indeterminato sia più stabile di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato.

In altri termini, non emerge in alcun modo dalla lettura del testo normativo in base a quali criteri si possa qualificare più o meno stabile di un altro un rapporto di lavoro.

Questi sono solo alcuni dei numerosi dubbi che investono il campo di applicazione soggettivo del diritto, su cui sarebbe certamente auspicabile un intervento degli organi deputati, non potendosi rimettere esclusivamente alla valutazione delle parti la definizione del campo di applicazione di una norma.

Il contenuto del diritto

Detti dubbi si pongono a contrario per l'individuazione delle ipotesi di lavoro “prevedibile, sicuro e stabile”.

Se ci si limitasse ad una interpretazione letterale, si sarebbe indotti a legittimare la seguente casistica:

  • il dipendente potrebbe richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
  • il dipendente richiede una forma di lavoro a tempo determinato di durata superiore,
  • il collaboratore coordinato e continuativo potrebbe richiedere l'instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato,
  • collaboratore e lavoratore potrebbero richiedere l'assegnazione a un differente turno di lavoro o di un orario di lavoro più prevedibile.

Certamente rientra fra le forme di lavoro stabili, prevedibili e sicure il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ad avviso di chi scrive anche a tempo parziale. Il contratto di lavoro part time a tempo indeterminato sarebbe, infatti, per definizione la forma di lavoro prevedibile per eccellenza, visto l'obbligo di indicare nel contrato di lavoro la distribuzione dell'orario di lavoro.

Non sono mancati, tuttavia, autori (ad esempio la Fondazione Studi dei consulenti del lavoro nell'approfondimento del 6 settembre 2022) che richiamano solo il contratto di lavoro a tempo indeterminato tra le forme di lavoro stabili.

Sul punto è oltremodo urgente un chiarimento del Ministero del lavoro.

Le “disposizioni più favorevoli”

L'art. 10 esordisce con un “ferme restando le disposizioni più favorevoli già previste dalla legislazione vigente”.

Non è esplicitato dal legislatore, né nell'unica circolare interpretativa emanata dall'Ispettorato nazionale del lavoro (Circ. INL 10 agosto 2022 n. 4), quali siano le disposizioni più favorevoli.

Verrebbe da pensare al diritto di precedenza nelle assunzioniprevisto, ad esempio,in ipotesi di assunzione di un lavoratore part time che chiede la trasformazione del contratto in full time.

Si escluderebbe un accavallamento del diritto di precedenza nelle ipotesi seguenti:

  • ex dipendenti a tempo determinato con contratto superiore a sei mesi che abbiano esercitato il diritto di precedenza;
  • licenziati nel corso di una procedura di riduzione del personale;
  • lavoro stagionale;

se – come si ritiene - il diritto a transitare a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili può esercitarsi solo in costanza di rapporto di lavoro.

Al di là del diritto di precedenza, non si riescono ad ipotizzare altre disposizioni più favorevoli che potrebbero entrare in conflitto con la norma in esame. Sarebbe auspicabile qualche indicazione interpretativa.

L'esercizio del diritto

Per poter esercitare il diritto in esame il lavoratore deve presentare richiesta scritta al datore di lavoro o al committente.

Il lavoratore che abbia ricevuto risposta negativa può presentare una nuova richiesta dopo che siano trascorsi almeno 6 mesi dalla precedente.

La risposta del datore di lavoro

Entro un mese dalla richiesta del lavoratore il datore di lavoro o il committente forniscono risposta scritta motivata.

La legge prevede che, in caso di richiesta reiterata da parte del lavoratore di analogo contenuto, le persone fisiche in qualità di datori di lavoro o le imprese che occupano fino a 50 dipendenti possono rispondere in forma orale qualora la motivazione della risposta rimanga invariata rispetto alla precedente. Purtuttavia ad avviso di chi scrive è opportuno lasciare traccia scritta della risposta anche in tale ipotesi.

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