venerdì 16/09/2022 • 06:00
La legge fiscale su clima ed energia approvata dal Governo USA comprende misure per una “global” minimum tax del 15%. L’imposta interessa tuttavia solo le grandi società americane e presenta caratteristiche diverse da quelle delineate dal Pillar II, creando diversi problemi di coordinamento.
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Il Governo Biden, dopo un acceso dibattito ha approvato un nuovo sistema di imposizione che prevede, a partire dagli esercizi che inizieranno dopo il 31 dicembre 2022, una “minimum tax” del 15% per le imprese, denominata Corporate AMT(“Alternative Minimum Tax”). A prima vista potrebbe sembrare un'anticipazione del sistema di tassazione minima globale previsto nell'ambito del Progetto BEPS, ma in realtà la misura si discosta in maniera significativa dalla global minimum tax prevista dal Pillar II, ponendo una serie di interrogativi.
Caratteristiche della Corporate AMT
Nonostante l'aggettivo “global”, il nuovo sistema di tassazione si rivolge soltanto alle imprese USA, disponendo l'applicazione della tassazione minima del 15% sui soli profitti nazionali prodotti dalle grandi società statunitensi.
I soggetti interessati dalla misura di nuova introduzione sono le società di capitali, diverse dalle entità trasparenti (c.d. “S corporation”), dalle società di investimento regolamentate e dai trust di investimento immobiliare, che superino il c.d. “AFSI test” (“average annual adjusted financial statement income test”), ossia che abbiano prodotto una media annua di ricavi pari ad almeno 1 miliardo di dollari nell'ultimo triennio. Il nuovo regime si applica anche ai gruppi multinazionali con capogruppo non statunitense, che includano almeno una società US che superi l'AFSI test.
In questo, dunque, la minimum tax USA si differenzia dal sistema di imposizione previsto dal Pillar II, che colpisce i gruppi multinazionali sui redditi complessivi, determinati sulla base del bilancio consolidato. Anche il limite dimensionale previsto dalle due norme è diverso: 1 miliardo di dollari USA per la Corporate AMT e € 750 milioni per la minimum tax del Pillar II.
Pure lo scopo della misura è differente rispetto a quanto previsto dal Progetto BEPS: la global minimum tax prevista dal Pillar II ha infatti l'obiettivo di impedire lo spostamento dei profitti verso i paesi a bassa imposizione; la Corporate AMT, invece, si propone di aumentare il gettito fiscale (una stima iniziale indicava un aumento del gettito di circa 313 miliardi di dollari USA in dieci anni) che dovrebbe servire a finanziare gli investimenti energetici e la riduzione del deficit che il Governo degli Stati Uniti spera di ottenere nel prossimo biennio.
La Corporate AMT si applica sugli utili totali risultanti dal conto economico e si combina con la tassazione ordinaria del 21% sul reddito imponibile ordinariamente applicabile sui redditi delle imprese. In pratica, qualificandosi come “minimum tax”, il nuovo sistema di imposizione si applica solo se l'imposta minima del 15% supera l'ordinaria tassazione sui redditi d'impresa. La base imponibile della Corporate AMT si differenzia da quella dell'ordinaria imposta sui redditi: la prima si applica, infatti, sul risultato di esercizio determinato su base contabile, la seconda sul reddito imponibile determinato tenendo conto delle variazioni in aumento e in diminuzione di rilevanza esclusivamente fiscale.
In pratica, in questo modo il Governo USA raggiunge l'obiettivo di aumentare il livello di imposizione, senza però toccare l'aliquota ordinaria del 21%, che quindi rimane lo standard per le imprese di dimensioni più ridotte.
Una società US sarà dunque soggetta alla Corporate AMT se il rapporto tra il reddito imponibile per l'imposta federale e l'AFSI sia maggiore del rapporto tra l'aliquota ordinaria di tassazione sui redditi (21%) e l'aliquota del 15% prevista dal regime di minimum tax. La gestione di questo rapporto (che, in uno schema molto semplificato e che non tenga conto delle regole speciali previste per i redditi con tassazione ridotta, risulta pari al 140%) sarà quindi fondamentale nella pianificazione fiscale dei gruppi multinazionali con entità soggette alla Corporate AMT e nelle attività di M&A.
Per fare un esempio:
Problemi di coordinamento con il progetto BEPS e la dichiarazione dei Paesi UE
Da ricordare che il sistema fiscale americano già comprende altre tipologie di “minimum tax” con aliquote e regole di applicazione diverse:
Con la Corporate AMT e l'eventuale applicazione della minimum tax prevista dal Pillar II, le imprese USA si troveranno a gestire ben quattro sistemi di tassazione minima, con un conseguente appesantimento degli oneri di compliance e una rilevante complicazione nella gestione del carico fiscale. Inoltre, il meccanismo di determinazione della Corporate AMT, diverso da quello del Pillar II ad esempio relativamente al trattamento dei crediti deducibili, del riporto delle perdite e di altre rettifiche alla base imponibile, potrebbe determinare sulle imprese statunitensi un onere fiscale comunque inferiore al 15%, con il risultato che le stesse si troverebbero soggette sia alla Corporate AMT sia al Pillar II. Allo stesso modo, poiché il limite di applicazione della Corporate AMT è più alto di quello della minimum tax prevista dal Pillar II ci sarà una rilevante parte di imprese statunitensi che non sconterà la Corporate AMT ma sarà soggetta al Pillar II.
Tutto questo potrebbe condurre ad una possibile perdita di competitività del sistema imprenditoriale statunitense nei confronti del resto del mondo e, conseguentemente, scoraggiare l'adesione degli Stati Uniti al Pillar II, con un effetto negativo sull'attuazione del Programma BEPS a livello globale. Come già anticipato nel precedente articolo, infatti, il proliferare di misure unilaterali potrebbe portare ad un rallentamento nella realizzazione degli obiettivi del Progetto BEPS, creando ulteriori disallineamenti tra le legislazioni e riducendo sostanzialmente l'efficacia delle misure di riduzione dell'erosione della base imponibile da parte delle imprese multinazionali.
In risposta a questi interrogativi, a pochi giorni di distanza, il 9 settembre scorso, i ministri delle Finanze di Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi e Spagna hanno rilasciato una dichiarazione ufficiale per ribadire l'impegno dei rispettivi paesi ad una rapida introduzione della global minimum tax nelle proprie legislazioni. La dichiarazione muove dalla constatazione che è necessario che il nuovo sistema di tassazione venga attivato prima possibile, come mezzo per combattere in maniera efficace l'evasione e la pianificazione fiscale aggressiva, e promuovere così un contesto di maggiore giustizia fiscale. I cinque paesi si sono dichiarati pronti a rispettare questo impegno “con ogni mezzo legale possibile”, per permettere una migliore riallocazione dei profitti delle grandi multinazionali, con l'obiettivo di firmare una convenzione multilaterale entro la metà del 2023.
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