lunedì 12/09/2022 • 06:00
La Cassazione, con ordinanza n. 26320 del 7 settembre 2022, nega il riconoscimento, ad una domestica, della pensione anticipata che normalmente spetta ai lavoratori subordinati occupati con discontinuità.
redazione Memento
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Niente pensione anticipata per la domestica a cui viene negato il riconoscimento del requisito di lavoratrice discontinua: la Cassazione precisa anche che la norma che regola tale regime previdenziale di favore non può essere applicata per analogia ai lavoratori domestici.
Il caso di specie
Ad una lavoratrice domestica viene negata la pensione anticipata poiché priva del requisito contributivo (occupazione per almeno 10 anni, anche non consecutivi, per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare). La lavoratrice, infatti, (a seguito di consulenza tecnica) risultava essere stata occupata per periodi inferiori a 52 settimane e aver lavorato oltre le 24 ore settimanali, e quindi senza diritto a essere considerata come lavoratrice discontinua (art. 2, c. 3 lett. b), D.Lgs. 503/92).
Il ricorso della lavoratrice domestica
Secondo la lavoratrice, la Corte di Appello avrebbe errato nell'escludere, dai 10 anni con occupazione di durata inferiore a 52 settimane nell'anno solare, gli anni di lavoro domestico, in quanto, per 6 annualità, il lavoro domestico prestato dalla ricorrente ebbe una durata inferiore all'anno.
Il parere della Cassazione
Secondo la Cassazione, la deroga stabilita dall'art. 2, c. 3 lett. b), D.Lgs. 503/92 a favore dei lavoratori subordinati che, in possesso di un'anzianità assicurativa di almeno 25 anni, siano stati occupati, per almeno 10 anni, per periodi inferiori all'intero anno solare non è suscettibile di applicazione analogica, né di interpretazione estensiva, e non opera, quindi, a vantaggio dei lavoratori domestici che, a parità delle altre condizioni richieste, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l'intero anno solare, ma con orario inferiore alle 24 ore settimanali.
La ricorrente richiama, in seguito, la consulenza tecnica che esclude la rilevanza del criterio delle 24 ore di lavoro settimanale ai fini della contribuzione domestica, poichè non sarebbe previsto da alcuna norma di legge. Tale requisito è, invece, previsto dall'art. 7, c. 6, DL 463/83 conv. in L. 638/83.
La lavoratrice, infine, sostiene che, per 6 annualità il lavoro domestico prestato ebbe una durata effettiva inferiore all'intero anno solare e che, quindi, si rientrerebbe nella deroga prevista dall'art. 2, c. 3 lett. b), D.Lgs. 503/92. Tale motivo di ricorso è, però, inammissibile poiché richiede alla Cassazione l'accertamento di fatto che la prestazione lavorativa sia stata inferiore all'intero anno solare.
Per tutti questi motivi, la suprema corte respinge il ricorso della lavoratrice domestica.
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Mario Cassaro
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