Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono intervenute sulla portata della nuova disposizione recata dall'art. 3 bis DL 146/2021 (cd. Decreto Fiscale) in tema di impugnabilità dell'estratto di ruolo, sancendone l'applicabilità ai giudizi pendenti.
La questione sottoposta alle Sezioni Unite
Il dubbio sollevato dalla sezione tributaria della Cassazione concerne la possibilità per il contribuente che assume di non aver ricevuto rituale notificazione di atti di riscossione, e che ne scopra l'esistenza, di impugnarli immediatamente, anche insieme con il ruolo. Su questa possibilità ha inciso il menzionato art. 3 bis DL 146 2021 che ha limitato l'accesso alla tutela immediata, configurata, invece, dalle Sezioni Unite con la sentenza 19704/2015, come alternativa, e rimessa alla facoltà della parte, rispetto a quella prevista dall'c. 3 ultima parte, art. 19 D.Lgs. 546/92. Al massimo consesso di piazza Cavour è stato, quindi, chiesto di stabilire se la nuova norma si applichi ai giudizi pendenti e se vada esente dai dubbi di legittimità costituzionale che si potrebbero prospettare.
Le novità della nuova disciplina e il superamento della vecchia impostazione
Con l'indicata sentenza 19704/2015 si è stabilito che il ruolo e la cartella sono immediatamente impugnabili, anche in mancanza di rituale notificazione. Quest'impostazione, secondo il nuovo orientamento delle Sezioni Unite, è ormai superata. Sul punto è intervenuto il citato art. 3-bis DL 146/2021 il quale, se da un lato stabilisce che “l'estratto di ruolo non è impugnabile”, dall'altro individua i casi di diretta impugnazione del ruolo e della cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata (se il debitore che agisce in giudizio dimostra che l'iscrizione a ruolo può fargli perdere un appalto pubblico, somme di denaro dovutegli da soggetti pubblici o comunque un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione). Casi che, come sottolineato dalla Corte, sono tassativi e non esemplificativi (l'interprete non può dunque crearne altri). La norma, inoltre, come chiarito dai giudici, non può considerarsi di interpretazione autentica e non è retroattiva.
L'applicabilità della nuova disciplina alle cause pendenti
Per le Sezioni Unite, l'art. 3-bis, nel regolare specifici casi di azione diretta stabilisce quando l'invalida notificazione della cartella ingeneri di per sé bisogno di tutela giurisdizionale e, quindi, plasma l'interesse ad agire. Questa condizione dell'azione, secondo gli Ermellini, ha natura dinamica, e può assumere una diversa configurazione, anche per volontà del legislatore, fino al momento della decisione. La disciplina sopravvenuta si applica, allora, ai processi pendenti perché incide sulla pronuncia della sentenza (o dell'ordinanza), che è ancora da compiere, e non già su uno degli effetti dell'impugnazione.
In armonia con il principio costituzionale del giusto processo (art. 111 Cost.), l'interesse ad agire deve essere dimostrato e la dimostrazione si può anche dare nel corso dei giudizi pendenti. Quanto alle fasi di merito, se il pregiudizio è già insorto al momento della presentazione del ricorso, si può ricorrere alla remissione nei termini, applicabile anche al processo tributario. Quanto ai giudizi di legittimità, l'interesse può essere allegato mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. o anche fino all'udienza di discussione, prima dell'inizio della relazione, o fino all'adunanza camerale, se insorto dopo; qualora occorrano accertamenti di fatto, provvederà il giudice del rinvio.
Per le Sezioni Unite, infine, sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli articoli 3, 24, 101, 104, 113, 117 della Costituzione.
Fonte: Cass. SU 6 settembre 2022 n. 26283