sabato 03/09/2022 • 06:00
La responsabilità solidale al pagamento dell'IVA da parte del cessionario sorge se il cedente ha omesso di versare l'imposta in relazione a cessioni a prezzi inferiori al valore normale. Ma il cessionario può superare la presunzione dimostrando che il prezzo inferiore è stato determinato da eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche norme (sentenza n. 25425).
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La responsabilità solidale al pagamento dell'IVA da parte del cessionario (art. 60-bis DPR 633/72) sorge qualora il cedente abbia omesso il versamento dell'imposta in relazione a cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale. Ma il cessionario potrà superare tale presunzione dimostrando che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizione di legge, comunque non connesse con il mancato pagamento dell'IVA. Vero è che per determinare il valore normale (art. 14 DPR 633/72), si fa riferimento, per quanto possibile ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali ed ai listini della camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali ed a quelli di borsa. Addirittura tale valore, potendo essere determinato in relazione alle tariffe applicate, potrà corrispondere al prezzo di acquisto da parte della cedente (Cass. 26 maggio 2017 n. 13425). Ad ogni buon conto il giudice di merito non potrà ricavare il valore normale dalle risultanze di una perizia d'ufficio svolta in altro giudizio, prescindendo dai listini e dalle tariffe dell'impresa fornitrice i beni e dai prezzi di acquisto del cedente.
Fatti di causa
L'Agenzia delle Entrate notificava ad un contribuente una cartella di pagamento, ai fini IVA, ove in applicazione dell'art. 60-bis DPR 633/72, si contestava la figura del soggetto quale:
La CTP, adita dal contribuente, rigettava il ricorso mentre la CTR lo accoglieva parzialmente, ritenendo non ravvisabili i presupposti per l'applicazione dell'art. 60-bis DPR 633/72 stante la dimostrata corrispondenza tra i prezzi di acquisto delle vetture ed il valore normale in base alle risultanze di una CTU espletata dinnanzi al ad altra CTP ove il contribuente aveva impugnato gli avvisi di accertamento (annullati in primo grado, con conferma anche in appello). Così l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione che lo ha accolto rilevando come la CTR avesse errato nel basare la propria pronuncia, relativa alla corrispondenza tra i prezzi di acquisto delle vetture ed il “valore normale” delle stesse sulle risultanze di una perizia dell'ufficio svolta in altro giudizio che riguardava un diverso oggetto, prescindendo del tutto, per determinare in concreto il valore normale, dai listini o tariffe dell'impresa che aveva fornito i beni e dai prezzi di acquisto del cedente, come peraltro evidenziati nella comunicazione di debito solidale per mancati versamenti IVA ex art. 60-bis DPR 633/72. Quindi la Corte, in accoglimento del ricorso dell'Ufficio, ha cassato con rinvio alla CTR.
Solidarietà nel pagamento dell'IVA
L'art. 60-bis DPR 633/72, relativo alla solidarietà nel pagamento dell'imposta, prevede (comma 2) che l'obbligazione solidale del cessionario per il pagamento dell'IVA non versata dal cedente relativamente alle cessioni di beni (il cui elenco è previsto dal DM 22 dicembre 2005, in cui sono compresi anche gli autoveicoli). Si tratta di una presunzione di solidarietà che vale per le cessioni effettuate a prezzi inferiori al valore normale: presunzione che può essere superata qualora l'obbligato solidale dimostri documentalmente che il prezzo inferiore dei beni è stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta (comma 3). Così l'obiettiva divaricazione fra il prezzo sostenuto e quello di mercato è sufficiente elemento costitutivo della solidarietà nel recupero dell'imposta, e ciò per ragioni di economicità e celerità dell'accertamento fiscale in relazione a comportamenti incauti del cessionario che non refluiscono necessariamente nel fenomeno delle cd. catene fraudolente, tant'è che la responsabilità solidale opera anche senza dimostrazione della colpevole ignoranza della frode. In buona sostanza, il cessionario potrà fornire la prova contraria dimostrando la plausibilità del minor corrispettivo o perché il prezzo risulti analogo a quello costantemente pattuito dal cessionario nelle precedenti transazioni con il cedente oppure perché anche altri operatori del mercato praticano proprio quel prezzo o altro simile.
Secondo la giurisprudenza della Cassazione (Cass. 31 gennaio 2019 n. 2853) l'art. 60-bis c. 2 DPR 633/72, nel contemplare la responsabilità solidale del cessionario in caso di mancato versamento dell'IVA da parte del cedente per le cessioni dei beni individuati dal DM 22 dicembre 2005, qualora siano effettuate a prezzi inferiori al valore normale, presuppone – a differenza dell'art. 21 c. 7 del medesimo decreto, relativo all'emissione di fatture per operazioni inesistenti – l'effettività dell'operazione, sia sul piano oggettivo che soggettivo, sicché è consentito al cessionario portare in detrazione l'imposta non versata dal cedente e per la quale sia stato chiamato al pagamento come obbligato solidale. Ecco che dalla differenza assai radicale dei due fenomeni (quale l'emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, a cui l'ordinamento replica con il diniego della detrazione dell'IVA esposta e dall'altro il mancato versamento dell'IVA da parte del cedente, a cui l'ordinamento ricollega l'attribuzione al cessionario della responsabilità solidale per IVA non versata), deriva anche una diversa perimetrazione ed un differente bilanciamento dell'onere probatorio.
Così nel caso del 60-bis, l'Ufficio deve provare unicamente le due circostanze di fatto relative all'omesso versamento dell'IVA da parte del cedente e all'inferiorità al valore di mercato del prezzo praticato. A fronte poi di tali deduzioni e prove, qualora entrambe siano state dedotte ed assolte, l'onere seguente si trasferisce sul contribuente che, in base al comma 3, dovrà provare che “il prezzo inferiore dei beni sia stato determinato in ragione di eventi o situazioni di fatto oggettivamente rilevabili o sulla base di specifiche disposizioni di legge e che comunque non è connesso con il mancato pagamento dell'imposta” (Cass. 16 gennaio 2019 n. 877).
Inoltre, è stato poi chiarito (Cass. 28 giugno 2018 n. 17171 e Cass. 29 marzo 2019 n. 8857) che ove il cedente non versi l'imposta relativa a cessioni di autovetture effettuate a prezzi inferiori al valore normale, il cessionario è obbligato solidalmente al pagamento, senza che sia necessaria nei suoi confronti alcuna attività accertativa, ferma la possibilità, per lo stesso, di impugnare la cartella di pagamento emessa nei suoi confronti (Cass. 12 maggio 2021 n. 12489).
Qui giova poi richiamare la sentenza della Corte di Giustizia, resa nel caso Federation of Technological Industries (G.Giust. UE 11 maggio 2006 C-384/04), secondo cui l'art. 21 n. 3 Dir. 77/388/CEE vada interpretato nel senso che esso permetta ad uno Stato membro di adottare una normativa, quale quella di cui alla causa principale, ai sensi della quale un soggetto passivo, a favore del quale è stata effettuata una cessione di beni o una prestazione di servizi e che era a conoscenza del fatto, o aveva ragionevoli motivi per sospettare, che la totalità o parte dell'imposta sul valore aggiunto dovuta per tale cessione o prestazione, ovvero per qualsiasi altra cessione o qualsiasi altra prestazione precedente o successiva, non sarebbe stata versata, può essere obbligato a versare tale imposta in solido con il debitore. Infine, la pronuncia della C.Giust. UE chiarisce che benché l'art. 21 n. 3, permetta di fondarsi su presunzioni in merito al fatto che l'interessato sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'imposta non sarebbe stata assolta, tali presunzioni non possono essere formulate in modo tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile per tale soggetto superarle fornendo la prova contraria.
Da qui poi, tornando all'art. 60-bis “nostrano” (DPR 633/72), esso dovrà essere coordinato con l'art. 14 DPR 633/72 (ante modifiche) il quale prevede(va) che per valore normale dei beni e dei servizi si intenda il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi. Poi, per la determinazione del valore normale occorrerà far riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe dell'impresa che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali ed ai listini della camera di commercio più vicina, alle tariffe professionali ed ai listini di borsa (Cass. 16 gennaio 2019 n. 877).
Cosicché si potrà far legittimo riferimento anche alle tariffe di chi ha fornito i beni e non solo ai listini: dunque il valore normale avrebbe potuto benissimo corrispondere al prezzo di acquisto da parte della cedente (Cass. 26 maggio 2017 n. 13425).
Fonte: Cass. 29 agosto 2022 n. 25425
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