lunedì 05/09/2022 • 06:00
La Cassazione boccia la tesi dell’Avvocatura dello Stato e consolida il suo orientamento circa l’esclusiva responsabilità delle società con personalità giuridica per gli illeciti tributari commessi nell’interesse delle stesse.
La sanzionabilità della persona fisica autrice (o concorrente) dell'illecito tributario ascrivibile alla società è possibile solo se l'Agenzia delle entrate dimostra che essa abbia agito per un interesse proprio diverso da quello della società o che questa sia una mera fictio dietro la quale si cela la persona fisica, al punto da esserci una sostanziale identità tra i due soggetti (persona giuridica e persona fisica). Con l'ordinanza Cass. 6 maggio 2022 n. 14364 del si può dire che si consolida l'orientamento della Corte di Cassazione per cui l'estraneo, al pari del dipendente o di altro soggetto legato da un rapporto organico con la società, non può concorrere e non può essere chiamato a rispondere in solido per le sanzioni irrogate all'ente. Questa pronuncia si pone sulla scia di altre recenti ordinanze della Suprema Corte che si erano occupate della questione (Cass. 22 maggio 2020 n. 9448, Cass. 22 maggio 2020 n. 9449, Cass. 22 maggio 2020 n. 9450 e Cass. 22 maggio 2020 n. 9451). La Cassazione propende per un'interpretazione stretta dell'art. 7 DL 269/2003 che ha introdotto la responsabilità esclusiva degli enti dotati di personalità giuridica per le sanzioni collegate a violazioni tributarie di cui gli stessi enti si sono avvantaggiati. E ammette solo due eccezioni: la prima, nell'ipotesi in cui la persona fisica ha tratto dalla violazione tributaria un vantaggio personale e diverso da quello della società; la seconda, nel caso in cui la società sia un puro schermo (i giudici parlano espressamente di fictio iuris) dietro il quale si cela la persona fisica. La tesi dell'Agenzia delle Entrate e dell'Avvocatura dello Stato si incentra su una questione interpretativa assai fragile. Quella di voler limitare l'applicazione la disposizione dell'art. 7 DL 269/2003 ai soli rapporti “interni” tra la società persona giuridica ed il proprio legale rappresentante, escludendo invece tutte le ipotesi di concorso dell'estraneo (che continuerebbero a essere punite) è una chiara forzatura. Una simile interpretazione non può essere ricavata in nessun modo dal testo della legge, né dal contesto in cui questa si inserisce e dalla finalità che si propone, così come specificato sin dagli atti parlamentari. Il testo dell'art. 7 parla infatti di sanzioni relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica, laddove l'espressione “rapporto fiscale” non può essere intesa diversamente dal rapporto fisco-contribuente, e cioè dall'obbligazione tributaria che ha come parti da un lato il soggetto contribuente (nella specie un soggetto giuridico in forma di ente o società dotate di autonomia patrimoniale) cioè il debitore, e dall'altro l'Amministrazione fiscale, cioè il creditore. E infatti è esattamente quello che stabilisce l'art. 7: se l'obbligazione tributaria si riferisce a una società o ente con personalità giuridica, la sanzione relativa alla violazione degli obblighi fiscali è imputata esclusivamente all'obbligato, e cioè solo alla società o ente che è parte del rapporto tributario e alla quale questo si riferisce. Sul punto la Cassazione è estremamente chiara: l'inequivoco dato testuale che viene utilizzato sin dal titolo della norma e cioè “Riferibilità esclusiva alla persona giuridica” è del tutto coerente con la volontà legislativa di riferire le sanzioni amministrative unicamente al contribuente titolare del rapporto obbligatorio-fiscale, cioè, nello specifico, alla persona giuridica. D'altronde, se anche estrapolassimo l'espressione “rapporto fiscale” dal contesto testuale, essa comunque non sarebbe in alcun modo riferibile, neppure in senso evocativo, ai “rapporti interni” tra società e amministratore. Non c'è nessun elemento che può condurre in quella direzione. Il rapporto fiscale è unicamente il rapporto giuridico tra due sole parti: lo Stato e il contribuente, e il tenore della legge è infatti estremamente chiaro nel porre la sanzione esclusivamente a carico di quest'ultimo. E di questa voluntas legis si ha una chiara evidenza all'interno della Relazione illustrativa del DL 269/2003 che pone la sanzione a carico del “soggetto che ha tratto vantaggio dalla violazione”. Inoltre, la cosa viene resa ulteriormente palese nella nota di lettura n. 63 A.S. 2518 "Conversione in legge del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici". In tale nota, a commento dell'art. 7 si legge testualmente che “L'articolo prevede che nel rapporto fiscale che si viene a configurare tra Amministrazione statale e persona giuridica, sia quest'ultima ad essere la sola ed esclusiva responsabile per il pagamento della sanzione amministrativa.” Questo non significa però un'automatica e sistematica esclusione della punibilità dell'estraneo o comunque della persona fisica che ha concorso alla violazione tributaria della società. Anche su tale aspetto la Cassazione è chiara. La persona fisica è chiamata a rispondere tutte le volte che l'Agenzia delle Entrate dimostri che la commissione della violazione tributaria risponde a un interesse esclusivamente proprio e quindi sia sanzionabile la persona fisica autrice della violazione che non abbia agito nell'interesse della società, ma abbia perseguito un interesse personale diverso da quello sociale, o che abbia artificiosamente costruito una società per fini illeciti e personali, poiché in questo caso la persona giuridica è una mera fictio creata nell'interesse della persona fisica, che resta l'esclusiva beneficiaria delle violazioni, al punto che non vi è alcuna differenza tra trasgressore e contribuente. E in effetti, con un'altra pronuncia (Cass. 16 maggio 2022 n. 15441) la Cassazione accoglie il ricorso dell'Agenzia e cassa con rinvio la sentenza della CTR favorevole al contribuente, proprio sul presupposto del mancato accertamento della circostanza in base alla quale la persona fisica chiamata in concorso abbia perseguito, nel commettere la violazione tributaria della società, un interesse proprio. Fonte: Cass. 6 maggio 2022 n. 14364
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