X

Homepage

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
  • Info dagli ordini
  • Podcast
  • Video
  • Rassegna stampa
  • Archivio ultime edizioni
  • Il mio archivio

Scopri i nostri servizi esclusivi

Registrati alla Newsletter

Iscriviti al canale WhatsApp

Segui il canale Spotify

  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali
Altro
  • Fisco
  • Lavoro
  • Contabilità
  • Impresa
  • Finanziamenti
  • Mondo Digitale
  • Speciali

giovedì 01/09/2022 • 06:00

Fisco Società a ristretta base sociale

La Cassazione persevera con gli utili ai soci in caso di costi indeducibili

La Cassazione, con la sentenza n. 25322/2022, conferma un suo orientamento non condivisibile secondo cui la presunzione di distribuzione ai soci opera anche nel caso di rettifica del reddito per costi non deducibili.

di Andrea Carinci - Professore ordinario Università di Bologna e patrocinante in Cassazione

+ -
  • Tempo di lettura 8 min.
  • Ascolta la news 5:03

  • caricamento..

Vicenda a processo

La sentenza della Cass. 25 agosto 2022 n. 25322 non è tanto preoccupante in quanto non condivisibile di per sé, ma perché sugella un orientamento della medesima Corte, chiaramente errato. Sul piano logico e sistematico.

Nel caso a processo, si trattava della tassabilità in capo ai soci di una quota parte del maggior reddito rettificato in capo ad una società a ristretta base, dove però la rettifica era stata motivata dal disconoscimento di costi. Ebbene, ad avviso della Corte di Cassazione, la circostanza che la rettifica del reddito della società a ristretta base proprietaria fosse fondata sul disconoscimento di costi non è apparsa sufficiente a rendere non operante la presunzione di distribuzione di utili ai soci. Il problema però, come detto, non è tanto che la Suprema Corte abbia preso questa soluzione (che vedremo è errata), quanto il fatto che, così facendo, consolida un orientamento altrettanto errato e, ciò, è decisamente più preoccupante (si richiamano Cass. 19 ottobre 2012 n. 17959, Cass. 19 ottobre 2012 n. 17960, Cass. 2 febbraio 2021 n. 2224, ma va considerata anche Cass. 18 febbraio 2020 n. 3980).

Genesi e funzionamento della presunzione di distribuzione nonché criticità della sua concreta applicazione

L'imputazione ai soci, pro quota, del maggior reddito recuperato in capo ad una società di capitali a ristretta base proprietaria costituisce l'esito di un percorso giurisprudenziale. Un percorso che è pervenuto ad elaborare una presunzione che, pur congegnata come presunzione semplice, opera oramai in maniera automatica, alla stregua quindi di una presunzione legale, con un esito imposto, senza alcun libero apprezzamento del giudice, e con onere di prova contraria a carico del contribuente. La portata della presunzione è nel senso di ritenere che nelle società a ristretta base proprietaria, ossia con un numero di soci ridotto, sia verosimile ritenere che i maggiori utili in nero della società siano distribuiti, in nero, tra i soci. La presunzione si fonda sull'assunto che nelle società a ristretta base sociale, mancando una separazione netta tra la compagine sociale e l'organo amministrativo, sia fondato presumere che i destinatari dei vantaggi derivanti dagli illeciti commessi dalla società siano direttamente i soci: sono questi, insomma, che intascano i ricavi non dichiarati dalla società.

A rigore, per argomentare che i soci si sono intascati gli utili in nero della società occorrerebbe, prima di tutto, ipotizzare che i soci sono tra loro complici. Ciò dovrebbe significare, però, contemplare, accanto a quello quantitativo (pochi soci), un requisito anche qualitativo (avvinti da vincoli affettivi e/o di complicità), da provare. Sennonché, va dato atto che l'orientamento della Suprema Corte banalizza questo secondo profilo, rendendo irrilevante il tema della complicità, che viene invero ridotto ad una conseguenza naturale del numero esiguo di soci (Cass. 17 giugno 2009 n. 14046). In questo modo, viene però fatta operare una seconda presunzione, per cui, dato il numero esiguo di soci, diviene verosimile argomentare che siano tutti compartecipi del medesimo piano di illecita distribuzione degli utili occulti. Con la conseguenza che non spetta più all'Agenzia dimostrare il vincolo di connivenza tra i soci ma incombe già e solo sul contribuente di fornire la prova contraria della non esistenza di un simile rapporto di connivenza.

Questa però è solo una delle derive prese dalla giurisprudenza circa il funzionamento della presunzione in commento. L'altra, che viene qui in considerazione, è quella che di fatto viene a confondere le nozioni di reddito e di utile. Perché è qui che si annida l'errore commesso dalla Suprema Corte.

La presunzione di distribuzione non è un regime di trasparenza

A leggere le sentenze della Cassazione pronunciate sul tema, si comprende, infatti, come ad avviso dei giudici, in ragione della presunzione in esame, debba essere imputata in capo ai soci una quota lorda del reddito della società, in termini non troppo dissimili, insomma, da quanto accade in ragione del funzionamento dei c.d. regimi di trasparenza disciplinati dall'art. 5 TUIR e dagli artt. 115 e 116 TUIR. Sennonché, è evidente l'errore di una simile operazione concettuale.

Reddito imponibile ed utile di bilancio sono due concetti molto diversi tra di loro, nel senso che mentre il primo è una grandezza di natura squisitamente fiscale, che misura la capacità contributiva dei contribuenti, l'utile di esercizio rappresenta, invece, una grandezza di natura contabile, determinata come differenza tra i ricavi e i costi di competenza di un determinato esercizio sociale. Ebbene, mentre nei regimi di trasparenza di imputa il reddito, nella presunzione di distribuzione di recupera, dovrebbe recuperare, l'utile corrisposto in nero.

La presunzione di distribuzione di utili in nero presume, come fatto ignoto da provare, l'incasso di somme non dichiarate. Ciò che si ritiene verosimile è, difatti, che i soci abbiano appreso direttamente i ricavi incassati e non dichiarati dalla società. Non si tratta, quindi, dell'imputazione di una quota di reddito della società quanto e solo del ritenere verosimile che la ricchezza prodotta dalla società e non dichiarata sia stato incassata dai soci: ma se così è, si deve evidentemente trattare di ricchezza suscettibile di essere materialmente incassata. Non è reddito, ossia un valore fiscale, bensì ricchezza materiale, quindi utile. Nel regime di trasparenza, invece, si ha l'imputazione di un reddito (a prescindere da ogni percezione). Ciò per dire che, mentre ai fini dell'operatività della presunzione di distribuzione nelle società a ristretta base sociale resta imprescindibile che si possa compiere il fatto materiale della percezione/incasso di somme da parte dei soci, corrispondenti ai ricavi non dichiarati dalla società, una simile percezione rimane irrilevante nei regimi di trasparenza. Ecco perché il ragionamento della Cassazione appare errato.

Diversamente da quanto sostiene la Suprema Corte, non è infatti razionale affermare che la presunzione in esame possa indistintamente operare sia in caso di accertamento di ricavi occultati sia in caso disconoscimento di costi. Ciò è giustificato nei regimi di trasparenza, dove ai soci deve essere imputata quota parte del reddito della società. Nella presunzione di distribuzione degli utili in nero, invece, dal momento che il fatto ignoto è la materiale apprensione, da parte dei soci, di utili non transitati a bilancio, occorre che vi sia concretamente una provvista di denaro distribuibile. Cosa, questa, che evidentemente non vi può essere laddove i costi siano stati realmente sostenuti ed il fatto che detti costi non siano deducibili comporta solamente che il reddito risulterà poi più consistente dell'utile.

Se il costo indeducibile per difetto di competenza o inerenza, imputato in contabilità, è un costo reale, questo significa che è sorto un debito in capo alla società verso un'economia terza, per cui non vi può essere alcun percepimento di somme da parte dei soci.

Nella presunzione, il fatto ignoto da provare non può essere una grandezza fiscale, ma deve necessariamente essere una vicenda economica reale, integrata dal materiale incasso di somme da parte della società che sono, poi, state acquisite dai soci. A monte, quindi, occorre necessariamente che il reddito rettificato sia integrato da maggiori incassi non dichiarati. Sicché, nel caso di spese effettive disconosciute, manca il fatto che rende verosimile il ragionamento presuntivo, per l'assorbente ragione che non può essere stato incassato nulla dai soci.

Ma oltre che sul piano sistematico, anche su quello logico il ragionamento della Suprema Corte appare errato o quanto meno contraddittorio. Ricorda, infatti, la Suprema Corte che la presunzione di distribuzione opera, salva la facoltà per il contribuente di “fornire la prova contraria costituita dal fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione ”: ebbene, se si tratta di reddito rettificato per l'indeducibilità di costi effettivamente sostenuti, non vi sono né vi possono essere state certamente somme oggetto di distribuzione, per cui la prova contraria dovrebbe reputarsi, qui, in re ipsa.

Fonte: Cassazione civile 25 agosto 2022 n. 25322

Contenuto riservato agli abbonati.
Vuoi consultarlo integralmente? Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.
Quotidianopiù è anche su WhatsApp! Clicca qui per iscriverti gratis e seguire tutta l'informazione real time, i video e i podcast sul tuo smartphone.

© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.

Registrati gratis

Per consultare integralmente tutte le news, i podcast e i video in materia di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale, la rassegna stampa del giorno e ricevere quotidianamente la tua newsletter

Iscriviti alla Newsletter

Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione

Funzionalità riservata agli abbonati

Per fruire di tutte le funzionalità e consultare integralmente tutti i contenuti abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.

Trovi interessante questo video?

Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o contatta il tuo agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.

Ricerca Vocale

Clicca sul microfono per cominciare a registrare il messaggio.

“ ”