venerdì 26/08/2022 • 06:00
La Cassazione, con l’ordinanza n. 24338, ha chiarito che il contribuente può emendare la dichiarazione IVA affetta da errore, di fatto o di diritto, presentando quella integrativa, salva in ogni caso la facoltà di opporsi alla successiva cartella di pagamento.
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In seguito al controllo automatizzato ex art. 54-bis DPR 633/72, il contribuente, ricevuto il cd. “avviso bonario”, può rettificare ed emendare la dichiarazione originaria affetta da errore, fattuale o di diritto, commesso in sede di redazione, qualora dalla medesima possa derivare l'assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che debbano restare a suo carico. In ogni caso, il contribuente può sempre attendere la fase successiva, ossia la notifica della cartella di pagamento e decidere di opporsi in sede contenziosa alla maggior pretesa erariale. Ecco che ricevuto l'”avviso bonario” IVA, il contribuente può decidere di attendere la cartella e opporsi alla maggior pretesa del fisco.
Questione
In seguito ad un controllo automatizzato ex artt. 36 bis DPR 600/73 e art. 54-bis DPR 633/72, l'Agenzia delle Entrate notificava ad una contribuente una cartella di pagamento con la quale recuperava l'IVA dichiarata a debito, ma non versata, oltre ad interessi e sanzioni.
La società impugnava l'atto innanzi alla CTP di Pavia ritenendo che il debito fosse frutto di alcuni errori materiali, non avendo riportato in dichiarazione il credito corretto, così come risultava confermato dalla documentazione contabile prodotta e dalla perizia di parte.
Il giudice di prime cure rigettava però il ricorso in quanto la documentazione allegata, a suo modo di vedere, risultava incompleta.
Dello stesso avviso, anche la CTR della Lombardia rigettava l'appello, osservando inoltre che il debito IVA non derivava da un errore materiale di compilazione della dichiarazione ma da errori sistematici relativi a molteplici dati e quadri della dichiarazione che l'Ufficio non avrebbe potuto rettificare, essendo stato commesso un errore già nel calcolo progressivo delle liquidazione periodiche, relative all'esercizio dell'anno 2009, viziate pero da un dato errato che riguardava il credito dell'anno precedente, indicato in misura superiore a quanto esposto nella relativa dichiarazione, che non trovava alcuna rispondenza con il dato indicato nella dichiarazione IVA (rigo VL39). Veniva poi aggiunto che la contribuente, al fine di emendare l'eventuale errore, non aveva presentato la dichiarazione integrativa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione per l'anno 2010 ai sensi dell'art. 2 c. 8-bis DPR 322/98.
La società ricorreva in cassazione sulla scorta di sei motivi.
È possibile emendare la dichiarazione IVA?
Anzitutto occorre chiarire che le dichiarazioni, una volta presentate, sono acquisite in modo definitivo dal fisco ed il contribuente non potrà revocarle (Cass. 8 agosto 1988 n. 4878): potrà però rettificarle, in aumento o in diminuzione, presentando una nuova dichiarazione.
Quindi, in linea generale, le dichiarazioni dei redditi, dell'IRAP, dei sostituti d'imposta e dell'IVA possono essere integrate con la presentazione di una nuova dichiarazione per porre rimedio ad errori od omissioni, indicando un maggiore imponibile o una maggiore imposta o un minor credito, nel termine entro cui l'ufficio possa rettificarle. La sanzione sarà ridotta in caso di ravvedimento operoso, ossia con la presentazione della nuova dichiarazione ed il versamento dell'imposta, degli interessi e della sanzione ridotta. Così la nuova dichiarazione, con valore di ravvedimento operoso, potrà essere presentata anche quando la violazione sia stata già constata o siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza. Accanto alla rettifica della dichiarazione in aumento, potrà essere anche operata in diminuzione.
L'intervento significativo delle Sezioni Unite della Cass. 30 giugno 2016 n. 13378 ha sancito che il contribuente caduto in errori e/o omissioni in sede di dichiarazione dei redditi, con conseguente danno a suo carico, dovrà emendare la dichiarazione entro il successivo periodo di imposta, fermo restando che potrà sempre opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria.
Tale principio poi è stato calato anche in ambito IVA, ove la dichiarazione sia affetta da errore, sia di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione che comporti l'assoggettamento del contribuente ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, debbano restare a suo carico (Cass. 30 luglio 2018 n. 20119).
Il principio espresso dalla Cassazione è stato poi ripreso anche dalla CTR Toscana 4 febbraio 2019 n. 164/1 che ha ritenuto emendabile la dichiarazione oggettivamente errata. Nel dettaglio, l'emendabilità della dichiarazione (in tal caso dei redditi) del contribuente non può ritenersi sottoposta al limite temporale ex art. 37 c. 5 e 6 DPR 633/72 siccome questo riguarda la rimozione di omissioni o l'eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per l'Erario ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e idonee a pregiudicare il dichiarante.
Punto della Cassazione
Anzitutto la Cassazione ha chiarito che dalla sentenza del giudice di secondo grado non si evince che la società contribuente avesse esposto un credito IVA fittizio ma solo un errore commesso nel calcolo progressivo delle liquidazioni periodiche relative all'esercizio successivo, siccome tali liquidazioni erano viziate da un dato errato in partenza relativo al credito dell'annualità precedente, indicato in misura superiore rispetto a quanto esposto nella relativa dichiarazione: la variazione del credito IVA, contenuta nelle modifiche apportate dalla contribuente rispetto alla dichiarazione originaria, era apparsa ingiustificata non trovando alcuna corrispondenza con il rigo VL39 della dichiarazione IVA.
Ma la contribuente ha sostenuto di aver corretto l'errore commesso, presentando poi la dichiarazione integrativa non appena si era resa conto dello stesso, ossia dopo aver ricevuto dall'Agenzia la comunicazione di irregolarità all'esito del controllo automatizzato.
Da qui la Cassazione, decidendo la vicenda sottopostale, ha ritenuto la non tempestiva correzione dell'errore denunciato da parte della contribuente che si è opposta alla ripresa dell'Ufficio che era fondata su di un errore nella compilazione della dichiarazione.
Per i giudici di legittimità la CTR ha errato nel ritenere che la contribuente non potesse contestare l'esistenza del menzionato errore in sede di opposizione alla cartella di pagamento notificata ex art. 54 bis DPR 633/72, siccome avrebbe invece dovuto verificare nel merito se la dichiarazione fosse effettivamente infedele o viziata da un errore emendabile e trarne le dovute conseguenze ai fini della fondatezza o infondatezza dell'impugnazione proposta.
In conclusione, la Corte ha accolto i primi due motivi del ricorso.
Brevi osservazioni finali
Ciò che più interessa della pronuncia in esame è che il contribuente, in seguito ad un controllo automatizzato, potrà opporsi alla pretesa del Fisco anche nel momento successivo, ossia all'atto della notifica della cartella di pagamento. Ciò vale anche in campo IVA, qualora a seguito di una comunicazione di irregolarità il contribuente può sempre decidere di emendare la dichiarazione eventualmente inficiata da errori o omissioni, oppure attendere la cartella di pagamento ed opporsi in sede contenziosa alla maggior pretesa erariale.
Tale soluzione di maggior ampiezza e portata consente quindi al contribuente di evitare il fastidioso fenomeno preclusivo che gli impedirebbe invece di stoppare la pretesa del Fisco successivamente (all'atto della ricezione della cartella), qualora non avesse preso posizione dopo la comunicazione di irregolarità.
Fonte: Cass. 5 agosto 2022 n. 24338
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