martedì 23/08/2022 • 13:30
Non costituisce abuso del diritto il comportamento di un professionista che prende in affitto lo studio della sua società, deducendo dal reddito professionale i relativi canoni. È questo l’orientamento espresso dalla Cassazione nella sentenza n. 23135.
Ascolta la news 5:03
Caso
Nel caso esaminato, mediante la notifica di due avvisi di accertamento (2012 e 2013), l'Agenzia delle Entrate contestava un professionista (dentista) la presunta natura abusiva delle operazioni di utilizzazione in locazione di immobili (in precedenza già acquisiti in leasing dalla società concedente riconducibile al professionista (“Alfa S.n.c.”) destinati all'esercizio della professione dentistica, mediante deduzione, a titolo di costo, delle fatture emesse dalla società stessa dal reddito imponibile oggetto delle dichiarazioni fiscali. Ciò anche in considerazione del fatto che, in base alla normativa vigente all'epoca dei fatti, sia gli ammortamenti quanto i canoni di leasing su beni immobili risultavano fiscalmente indeducibili in capo al professionista.
Questione
L'art. 10-bis L. 212/2000 individua tre presupposti da soddisfare per verificare l'esistenza dell'abuso del diritto, ovvero:
Nella Ris. AE 17 ottobre 2016 n. 93/E, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che un'operazione non può essere considerata abusiva, qualora non vengano identificati e provati congiuntamente tutti e tre elementi sopra illustrati.
Inoltre, ai sensi del comma 3 dell'art. 10-bis L. 212/2000, non possono essere considerate abusive le operazioni che sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale: sono considerate tali le operazioni che rispondono ad esigenze di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale del contribuente.
Sulla base di quanto sopra visto, l'area dell'abuso del diritto è limitata al perimetro di quelle costruzioni che appaiono ingiustificabili o ingiustificatamente sovradimensionate in una logica di normalità imprenditoriale, e che, a parità di risultato economico-giuridico, portano ad un prelievo inferiore rispetto a quello applicabile realizzando un'altra condotta, più lineare, prevista dalla legge fra le fattispecie imponibili, o che, in caso di agevolazione, ne rendono possibile l'accesso.
Inoltre, come già accennato, affinché sussista l'abuso del diritto è essenziale che la finalità di ottenere vantaggi fiscali indebiti costituisca lo scopo essenziale della condotta.
Soluzione giuridica
Nel caso in esame, dopo due gradi di giudizio già favorevoli al contribuente, la Corte di Cassazione ha riconosciuto la sussistenza di valide ragioni extrafiscali idonee ad escludere la fattispecie abusiva. Preliminarmente, il collegio giudicante ha evidenziato che, per poter configurare una condotta abusiva, è necessario valutare attentamente le "ragioni economiche" delle operazioni negoziali che sono effettuate, in quanto, se le stesse sono giustificabili in termini oggettivi, il rischio della sussistenza di una “pratica abusiva” deve considerarsi minore o totalmente assente. Pertanto, la prova dell'elusione deve essere basata sulle modalità di manipolazione funzionale degli strumenti giuridici utilizzati, nonché sulla loro mancata conformità ad una normale logica di mercato (Cass. 6 ottobre 2021 n. 27158). Infatti, l'abuso del diritto è escluso quando è ravvisabile la compresenza, non marginale, di ragioni extrafiscali, che non necessariamente devono essere identificate in una redditività immediata dell'operazione (Cass. 5 dicembre 2019 n. 31772), potendo consistere in esigenze di natura organizzativa ed in un miglioramento strutturale e funzionale dell'azienda (Cass. 26 febbraio 2014 n. 4604; conf. Cass. 5 dicembre 2019 n. 31772). In questo contesto, la prova del disegno elusivo, nonché delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato ed utilizzati solo per pervenire a quel risultato fiscale, incombe sull'Amministrazione finanziaria (Cass. 30 novembre 2012 n. 21390; conf. Cass. 19 febbraio 2014 n. 3938).
Nel caso di specie, a giustificazione dell'operazione, la Suprema Corte ha riconosciuto la sussistenza di una serie di ragioni economiche, ovvero:
Inoltre, è stato evidenziato che i canoni di locazione, se da un lato vengono dedotti dal professionista, dall'altro risultano imponibili in capo alla società concedente.
Osservazioni
L'orientamento espresso dalla Corte di Cassazione è coerente con il filone interpretativo più recente che ha ribadito in diverse occasioni la legittimità (e quindi l'assenza di abuso del diritto) nei rapporti tra professionista e le società dallo stesso partecipate (tipicamente trattasi di società di servizi). Al riguardo, infatti, occorre ricordare che, in conformità a quanto previsto dal comma 4 dell'art. 10-bis L. 212/2000, si realizza un legittimo risparmio d'imposta (e quindi non abuso del diritto) quando il contribuente adotta soluzioni, percorsi giuridici, opzioni cui il sistema espressamente accorda un trattamento fiscale di maggior favore rispetto ad altri. Quando, appunto, è il sistema stesso che offre l'alternativa fiscalmente più vantaggiosa, la scelta del contribuente non può essere censurata. In buona sostanza, a configurabilità di un legittimo risparmio d'imposta rappresenta una condizione che va a completare in negativo i presupposti richiesti per configurare l'abuso del diritto (in senso conforme in giurisprudenza, per l'esclusione di comportamenti in abuso del diritto nei rapporti tra professionista e società di servizi partecipate si vedano: CTP Ancona 19 novembre 2021 n. 525; CTP Treviso 2 febbraio 2021 n. 34; CTR Piemonte 11 febbraio 2019 n. 185; CTP Reggio Emilia 28 febbraio 2018 n. 12). Nonostante quanto sopra, in sede di accertamento ancora oggi proseguono le “commistioni” tra i concetti di “evasione” e di “abuso del diritto”. Tuttavia, è il caso di ribadire che se l'ordinamento prevede più opzioni o percorsi giuridici, non può essere contestata la scelta fatta dal contribuente, proprio perché, nell'elusione, la forma giuridica risulta legittima. Ecco perché, anche nel caso in esame, non ha alcun senso la contestazione legata al presunto comportamento in “abuso del diritto”.
© Copyright - Tutti i diritti riservati - Giuffrè Francis Lefebvre S.p.A.
Rimani aggiornato sulle ultime notizie di fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti, professioni e innovazione
Per continuare a vederlo e consultare altri contenuti esclusivi abbonati a QuotidianoPiù,
la soluzione digitale dove trovare ogni giorno notizie, video e podcast su fisco, lavoro, contabilità, impresa, finanziamenti e mondo digitale.
Abbonati o
contatta il tuo
agente di fiducia.
Se invece sei già abbonato, effettua il login.