sabato 13/08/2022 • 06:00
La giurisprudenza è ancora restia a valorizzare il mancato pagamento delle fatture per cui è stato conteggiato il debito Iva in dichiarazione, anche se le operazioni di cessione di beni si considerano effettuate, e vanno fatturate, indipendentemente dal pagamento dell’Iva addebitata. Con sanzione per non aver anticipato allo Stato l’Iva addebitata ma non riscossa.
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In tema di art. 10 ter D.Lgs. 74/2000, si può dire raggiunto un tendenziale consenso da parte della giurisprudenza di legittimità. Ricorrono oramai con frequenza una serie di assunti che, nella loro acquisita perentorietà assiomatica, debbono ritenersi diritto vivente. Uno per tutti, la tendenziale irrilevanza dei pagamenti dei corrispettivi sulle fatture emesse che hanno generato il debito IVA non pagato.
È però questa una soluzione che, nel suo assolutismo, andrebbe se non ripensata, almeno meglio meditata. Ma andiamo con ordine.
L'art. 10-ter punisce con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo (27 dicembre dell'anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione), l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale; ciò però, solo se il debito non pagato supera una certa soglia, oggi fissata ad euro 250.000, per ciascun periodo d'imposta.
Quello dell'art. 10-ter costituisce un reato di danno, esigendo l'omesso versamento dell'imposta entro il termine prescritto, ed è connotato dal dolo generico. Sul punto, la giurisprudenza ha oramai chia
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